La scuola è finita
La scuola è finita
Valerio Jalongo, 2010
Fotografia Stefano Falivene
Valeria Golino, Vincenzo Amato, Fulvio Forti, Antonella Ponziani, Marcello Mazzarella, Alfio Sorbello, Gianluca Belardi, Paola Pace, Silly Togni, Gea Martiere, Marina Biondi, Vittoria Piancastelli, Erika Urban, Sergio Meogrossi, Paolo Giovannucci, Marco Zangardi, Anna Pititto, Ceciclia Broggini, Roberta Fossile.
Roma 2010, concorso.
Valerio Jalongo (Sulla mia pelle, 2003) non è nuovo nell’affrontare temi attuali. E anche questa volta lo fa con voglia di capire e di entrare nelle situazioni. Dopo aver documentato con un video-diario per tre anni la vita di una classe e aver registrato che il sentimento più diffuso tra gli studenti era la noia, il regista ha elaborato materiali sostanzialmente “veri”, componendo un insieme di quadri rappresentativi che ci danno un’immagine della scuola davvero preoccupante. Jalongo si è fatto aiutare per la sceneggiatura da Daniele Luchetti, regista de La scuola già nel 1995. Pur vincitore del David di Donatello, quel film, divertente, amaro e lucido, era parso come frenato da qualche sofferenza proprio nella sceneggiatura, nei passaggi da bozzetto umoristico a discorso serio. Il lavoro di Jalongo si apre con una “scenetta” in classe – siamo a Roma, nell’Istituto Pestalozzi. «A 15 anni – avverte il regista in una nota – un ragazzo in media ha passato più tempo davanti alla tv che sui banchi di scuola». E il film subito esemplifica. Il professore chiede: «Rivoluzione e poesia, quale poeta vi viene in mente?», segue scena muta. Poi un ragazzo si decide a rispondere: «Mariacoski». È il primo e unico momento umoristico. Per il resto, il film oscilla tra documentario e fiction, raccontando in maniera esemplificativa momenti della crisi multiforme che coinvolge insegnanti, studenti e famiglie, dove ciascun personaggio sembra arrendersi all’importanza del proprio ruolo, denunciando una “impossibilità” a concludere. La stessa “impossibilità”, pare, che blocca la scuola vista nel quadro sociale complessivo. La denuncia colpisce per essere solo di poco aggiornata rispetto a una situazione per la quale si potrebbe risalire direttamente a una quarantina di anni fa. Il ritardo, nel cinema, diviene più vistoso se il prodotto mostra caratteristiche di fruibilità televisiva, per l’appunto. Sicché una certa indefinitezza dei temi rischia di risolversi nella digeribilità degli episodi, verosimili in sé ma poco realistici per coerenza interna, dato che non riescono ad assumere valore espressivo compiuto. La passione pedagogica e umana della professoressa Daria Quarenghi (Golino), complicata dal momento difficile con il marito, il prof. Aldo Talarico (Amato), si dimostra inadeguata verso Alex Donadei (Forti), studente anch’egli immerso in un complicato groviglio di famiglia. Talarico, d’altra parte, è poco più di un cantautore fallito e usa la chitarra a scuola con la disperazione dell’insegnante ancora in cerca di successo. Il contesto è quello che è: mentre il collegio dei docenti è invischiato nel pensiero/linguaggio sclerotizzato di una scuola ormai “finita”, pasticche, assemblee e occupazioni studentesche arrivano allo spettatore come un rumore il cui volume finisce per essere più alto del suo significato. E soprattutto, il senso del già visto, che viene paradossalmente proprio dalla “novità” del film, risulta disperante anche per le sorti della scuola. Nota positiva, l’interpretazione del giovane Fulvio Forti, alla sua prima prova di attore.
Franco Pecori
12 Novembre 2010