Shark – Il primo squalo
The Meg
Regia Jon Turteltaub, 2018
Sceneggiatura Dean Georgaris, Jon Hoeber, Erich Hoeber
Fotografia Tom Stern
Attori Ruby Rose, Jason Statham, Rainn Wilson, Robert Taylor, Li Bingbing, Winston Chao, Jessica McNamee, Cliff Curtis, Masi Oka, Ólafur Darri Ólafsson, Page Kennedy, Rob Kipa-Williams.
Il fondo della Fossa delle delle Marianne, nel Pacifico, non è un fondo, è una “nuvola”. Sotto quella nuvola si va ancora più giù, col film di Jon Turteltaub (Il mistero dei templari 2004, Last Vegas 2013). Oh le spiagge del mitico Massachusetts, minacciate nel 1975 dallo squalo “gigante” di Spielberg! Lo squalo è cresciuto di misura, è un colosso lungo più di 20 metri e lo si vuole scovare per studiarlo. Sono passati 5 anni dal drammatico e misterioso impatto (è l’apertura del film) con un sommergibile oceanico, episodio costato la vita a una metà dell’equipaggio. C’era a bordo, allora, l’esperto in salvataggio subacqueo Jonas Taylor (Jason Stathman), il quale prese la dolorosa decisione di chiudere un portello anzichè tentare inutilmente di salvare tutti. Ora non sarà per vendetta che, nell’ambito di un costoso programma scientifico/tecnologico, una spedizione parte alla caccia del megalodonte. Il colosso è testimonianza vivente di una vita preistorica. Portandosi nel cuore il peso del precedente sacrificio di vite umane, Jonas accetta ancora di dare una mano. Statham, ex subacqueo della Nazionale Olimpica Inglese (Seul 1988), presta bene le proprie capacità al personaggio. Scoprirà, con l’evolversi dell’avventura, che la nuova spedizione non è che la continuazione della prima. Il setting cinematografico punta molto su un’estetica del tecnologico, facendo vivere l’équipe protagonista in ambienti simili a capsule spaziali. Le riprese offrono visioni che parlano di un mondo “altro”, acquatico, di un pianeta tuttavia da scoprire e da salvare (senza “prediche” ecologistiche). Dell’equipaggio fanno parte, tra gli altri, un oceanografo cinese (Winston Chao) e sua figlia Suyin (Li Bingbing), coraggiosa e tecnicamente abilissima, anche madre di una bambina di 8 anni, importante presenza, non solo perché “i bambini ascoltano tutto”, ma per indicare una delle chiavi del film, vagamente fiabesca. La componente horror/catastrofica viene “addolcita” dalla spettacolarità delle riprese (“realtà” ed elaborazione elettronica vivono in armonia) e il senso di incombente pericolo dato dalla “presenza” del Meg non intacca una complessiva leggerezza del tratto, lasciando alla lunga traccia narrativa (113 minuti) l’agio di evolversi in civile tolleranza stilistica e morale. A tratti si sfiora il gioco, in altri momenti il mondo sembra crollare sotto i colpi del non-cattivo esemplare di un tempo che fu. Non manca lo spazio, un po’ citazione, per una “visita” del megasqualo alle spiagge affollate di bagnanti cinesi, sulla famosa Sanya Bay, costa meridionale di Hainan. Ma non v’è traccia di terrore vero. E anzi, man mano che il film sfoggia ri-attacchi spettacolari quasi in un “finale ripetuto” come in musica, si fa dominante e definitiva una sensazione di tranquillità benevola. Il che non esclude seguiti, ovvio.
Franco Pecori
9 Agosto 2018