Mio fratello è figlio unico
Mio fratello è figlio unico
Daniele Luchetti, 2007
Elio Germano, Riccardo Scamarcio, Diane Fleri, Alba Rohrwacher, Angela Finocchiaro, Massimo Popolizio, Luca Zingaretti, Anna Bonaiuto, Ascanio Celestini, Claudio Botosso, Vittorio Emanuele Propizio, Ninni Bruschetta.
David di Donatello: at (E. Germano), sc (S. Petraglia, S. Rulli, D. Luchetti), atrnp (A. Finocchiaro), mon (M. Garrone), diretta (B. Pupparo)
Accio (Propizio) ha 13 anni. Bravo in latino, dovrà invece iscriversi alla scuola per geometri. Vive a Latina con i genitori (Finocchiaro e Popolizio) e con Manrico e Violetta (Scamarcio e Rohrwacher), fratello e sorella, maggiori di lui. In famiglia, gente povera e onesta, Accio è considerato una vera “peste”. Impulsivo di carattere, dice sempre ad alta voce tutto ciò che pensa e non sopporta le ingiustizie, specialmente l’ultima, della madre, che non gli ha permesso di andare al liceo. Così, il ragazzino “ribelle” si allontana dai suoi. Siamo nel 1962. Latina, l’ex Littoria fondata nel 1932 durante il fascismo, è una cittadina che conserva forti impronte del passato mussoliniano. Il vivace e precoce Accio cresce in fretta e fa amicizia con un piccolo commerciante, Mario (Zingaretti), impegnato nel Msi (Movimento Sociale Italiano), da cui assorbe “lezioni” di storia patria e di morale. Il ragazzo (ora l’interprete è Germano) è ansioso di mettere in pratica la sua nuova fede, impegnandosi in azioni sul territorio. Presto la sua ammirazione per il Duce lo porterà in rotta di collisione con Manrico, che invece è militante comunista e col quale, comunque, fin dall’infanzia, ha avuto sempre un rapporto contrastato. L’intreccio personale si complicherà con l’apparizione di Francesca (Fleri), la ragazza di Manrico, comunista anche lei ma attratta anche da Accio nonostante la politica. «Non ho fatto un film politico», dice Luchetti. E infatti, si tratta soprattutto di un’indagine appassionata sulla realtà contestuale di un periodo storico, in cui i protagonisti passano per la politica il loro senso della vita. E, specialmente Accio ma poi anche Manrico, operaio immerso nella utopistica fusione con gli studenti , verificano sulla propria pelle il potere mistificatorio degli slogan rispetto alla “verità” del loro consistere fraterno. Nel passaggio generazionale sarà proprio il fratello minore ad avere più coraggio, rientrando in sé e ritracciando una prospettiva più realistica anche nell’impegno sociale. Il film, fuori dal contesto pseudo-sociologico e consolatorio della commedia giovanilistica italiana, è un buon esempio di sguardo sincero e critico su certe radici del nostro presente. Senza darlo troppo a vedere e restando ai sentimenti profondi di due ragazzi di mezzo secolo fa, Luchetti ci offre gli strumenti anche linguistici per una lettura corretta del presente.
Franco Pecori
20 Aprile 2007