Copia conforme
Copie conforme
Abbas Kiarostami, 2008
Fotografia Luca Bigazzi
Juliette Binoche, William Shimell, Jean-Claude Carrière, Agathe Natanson, Gianna Giachetti, Adrian Moore, Angelo Barbagallo, Andrea Laurenzi, Filippo Troiano, Manuela Balsimelli.
Cannes 2010, concorso.
Niente è sicuro, la nostra vita è immersa nell’ignoto. Oppure, tutto è certo, la vita si realizza momento per momento, è fatta di particolari verificabili e discutibili. Come l’opera d’arte, siamo originali ma possiamo benissimo valere come copie e, per paradosso, la copia può essere migliore. Nulla di più difficile che cogliere la verità in noi stessi giacché qualsiasi parola è parte di un circuito, di una rete usuale che la rende “falsa” rispetto alla nostra realtà “unica”. Rischiamo di nuotare nella banalità, il più senplice di noi e il più “evoluto”. Tutto dipende da chi dice, da chi giudica, da chi vede. Se la cosa più semplice la dice un filosofo, tutto potrà essere diverso. William Shimell è James, uno scrittore inglese venuto in Toscana a presentare il suo libro, Copia conforme, in cui ha voluto giocare il tutto per tutto sulla tesi “impossibile” del valore della copia. Juliette Binoche è un’antiquadria francese. Ha un negozio, vive nella provincia toscana. Il figlio, ancora bambino, la studia e la provoca quasi da adulto. Affascinata da James, la donna gli chiede copie con dedica, una per sé e altre da regalare, poi lo invita a fare un giro fino a Lucignano, paesino lindo e pinto dove le coppie vanno a sposarsi e dove il vino e l’olio sono in mostra. Insomma la Toscana degli inglesi e dei francesi. Copia conforme anche quella. Strada facendo, la donna sposta i discorsi teorici verso la pratica dei comportamenti, fino a che dallo spunto di un dialogo con la proprietaria del bar dove lei e James di sono fermati per un caffè e un cappuccino prende forma l’idea, pure conforme, che lo scrittore sia suo marito. Sposati da 15 anni, come fosse vero. Lui tenta di resistere, ma il gioco dei ruoli un po’ lo attrae. Del resto, è anche occasione per sperimentare il fondamento del proprio libro. L’attrazione e la resistenza diventa il tema saliente. Un treno attende James alle nove della sera ma intanto lei lo chiama a visitare l’alberghetto dove si fermarono da sposi. Molto del grado di ambiguità, consustanziale alla costruzione del racconto, è dovuto alla bravura di Shimell, baritono lirico passato al cinema con evidente gusto; ma di certo è il raffinato fascino della Binoche a determinare la qualità dell’astrattezza del film. Mentre l’iraniano Kiarostami conferma la propria vocazione a fondere in un suo specifico rischio estetico la doppia tendenza al documentario e alla metafora (metafisica), è la grande Juliette a realizzare il valore della metafora col suo corpo delicatamente allusivo. Difficile pensare ad una copia conforme.
Franco Pecori
19 Maggio 2010