Quel treno per Yuma
3:10 to Yuma
James Mangold, 2007
Russell Crowe, Christian Bale, Peter Fonda, Gretchen Mol, Ben Foster, Dalla Roberts, Alan Tudyk, Vinessa Shaw, Logan Lerman, Kevin Durand, Luce Rains.
Arizona, fine ‘800. Il treno che arriva a Contention alle 3:10 porta al forte di Yuma, dove dovrà essere rinchiuso e poi giudicato dal Tribunale Federale il mitico fuorilegge Ben Wade (Crowe), che dopo un’ennesima serie di rapine e omicidi lungo la ferrovia, si è fatto ancora beccare, questa volta a Bisbee. Non sarà facile condurre Wade a Contention. Bisbee è poco più che un villaggio, lo sceriffo non ha né mezzi né voglia di rischiare la vita. Ma la Southern Pacific Railroad offre soldi ai volontari. Per 200 dollari si fa avanti Dan Evans (Bale), un contadino che nell’impresa vede l’occasione per proteggere la sua terra e il suo bestiame e per riconquistare la fiducia di sua moglie e dei suoi due ragazzi. E si va verso Yuma, miglia e miglia, giorno e notte, inseguiti dagli uomini di Wade, che non si danno per vinti. Quel treno delle 3:10 lo abbiamo già visto nel 1957 in un film dallo stesso titolo ma molto diverso. E non solo perché il western, nell’arco di mezzo secolo, ha cambiato volto ma anche per la differenza che passa tra due registi come Delmer Daves (3:10 to Yuma, 1957) e James Mangold e tra coppie di attori come Glenn Ford-Van Heflin e Russell Crowe-Christian Bale. Ai tempi del primo film si era ancora nella scia maestra di Mezzogiorno di fuoco (Fred Zinnemann, 1952) e mancava più di una vita al manierismo del Mucchio selvaggio (Sam Peckinpah, 1969). Mangold riparte da Daves, tiene conto dell’acquisita dinamicità rispetto alla ferrea suspence del classico precedente, ma si tiene lontano della confusa morale espressionistica dei particolari in rallenty. I protagonisti, complessi ma non ambigui, sono due facce della medaglia western: il fuorilegge e il contadino, la banda di razziatori da sgominare e la famigliola da “coltivare” insieme alla terra. E funzionano vicendevolmente, di momento in momento, per esclusione e per somiglianza. Sia Ben che Dan non possono fare a meno di una dimensione “umana”, che li definisce al di là dei loro diversi e contrastanti interessi. Ben ha esperienza del mondo, conosce il dolore, si è conquistato un cinismo che gli serve da difesa ma non arriva a sopportare la violenza quando questa si fa bestiale, stupida. Dan è umile per forza, perché sceglie di non mollare il suo progetto di vita e non resiste al richiamo dell'”onestà”. Condannati a fare un tratto di strada insieme, si “fonderanno” in un solo uomo per poi lasciarsi, nel finale, ciascuno ancora una volta verso il proprio destino, mentre il treno riparte per Yuma. Movimenti, attese e scontri sono ambientati in modo molto verosimile, scenografati con occhio sensibile al contesto e rispettoso della complessità della vicenda, che è vicenda anche interiore. In questo western, nessun corpo cade senza turbamento dello spettatore. Modernità e maturità si coniugano in armonia.
Franco Pecori
19 Ottobre 2007