Lezione Ventuno
Lezione Ventuno
Alessandro Baricco, 2007
Noah Taylor, Clive Russell, Leonor Watling, John Hurt, Tim Barlow, Natalia Tena, Andy Gathergood, Daniel Tuite, Rasmus Hardiker, Phillida Law, Adrian More, Matthew T. Reynolds, Clive Riche, Franco Pistoni, Chiara Paoli, Daniel Harding.
Locarno 2008, Piazza Grande.
Che la musica importante del Novecento abbia origini afroamericane dovrebbe essere fuori di dubbio. Ma dirlo non guasta. Baricco, scrittore di successo e fascinatore esperto, lo dice senza mezzi termini nella giravolta finale del suo primo film da regista, slittando sui titoli di coda. Di lezioni così ce ne vorrebbero ogni giorno in tutte le scuole. Ma per dire “Viva il Jazz” c’era bisogno di sbeffeggiare Beethoven e la sua Nona? Oh, quelli che non hanno mai perso tempo con i Capolavori, quelli che non hanno bisogno di esclamare: «Una boiata pazzesca». Oh Baricco, che incarica un certo professor Mondrian Killroy (John Hurt) di prendere la Nona Sinfonia e farne una polpetta per palati fini, che perfino la Aspesi abbia paura a dirne male. Raffinato com’è, Baricco pensa ad un paesaggio dolomitico, di ghiaccio, dove la Morte trovi la sua temperatura, con buona pace di tutte le opere sopravvalutate nei secoli. Il concerto del 7 maggio 1824 non ebbe il successo che da sempre ci hanno fatto credere. La verità è che la Nona non piacque, era soltanto l’opera di un vecchio musicista completamente sordo e bisognoso di riaffermare il proprio primato. Oggi quella sinfonia pesa su di noi come il mito di un conformismo imperituro. Notizie che fanno il giro del mondo. Ma nel film di Baricco conta di più l’estetica. Un po’ fellinesco lo stile, per la cupezza che fa pensare al Casanova e per la ricerca di soluzioni fantastico-poetiche che diano corpo credibile ad impossibili immaginari. Contaminato, lo stile, anche in certi passaggi bergmaniani (il “mondo-teatro”) e nell’uso delle “maschere” beffarde alla Carmelo Bene; ma soprattutto quando apre all’oggi, strutturando la studentessa/testimonial in forma di referente attuale – la giovane garantisce la veridicità della Lezione Ventuno del suo fantastico professore. Attualità documentale non necessaria. Più nelle corde la sequenza di chiusura, che unisce in un gelido balletto Bellezza e Vecchiaia, a sugello paradossale della tesi di partenza. Disperato, invece, il tentativo di tradurre la musica in immagini che ne illustrino il “contenuto”. Un rapporto intimo nel quale è impossibile entrare.
Franco Pecori
17 Ottobre 2008