Brothers
Brothers
Jim Sheridan, 2009
Fotografia Frederick Elmes
Tobey Maguire, Jake Gyllenhaal, Natalie Portman, Bailee Madison, Taylor Geare, Patrick Flueger, Sam Shepard, Mare Winningham, Clifton Collins Jr., Josh Berry.
L’eroe e la pecora nera, la famiglia e i suoi risvolti. Ottobre 2007. Il capitano Sam Cahill (Maguire), consapevole delle sue ripetute missioni in Afghanistan, è anche un buon marito – con la moglie Grace (Portman) si conoscono fin da ragazzi – e padre di due bambine (Madison e Geare). Sam è atteso da un atroce destino. Catturato dai talebani insieme ad un altro marine, è creduto morto. La notizia arriva alla famiglia nel cui seno trova intanto accoglienza il fratello minore. Molto diverso da Sam, Tommy (Gyllenhaal) è appena uscito di prigione e non gode certo della simpatia del padre Hank (Shepard), marine in pensione. Invece Grace ha modo di ricredersi del giudizio che ha sempre avuto nei confronti del cognato: adesso lo vede premuroso verso le bambine e ne viene attratta. Perfino Hank tende ad ammorbidire il proprio atteggiamento di rifiuto verso il figlio “scapestrato” e provocatore. Ma non possiamo stare tranquilli. Il regista – conosciamo la tendenza dell’irlandese Sheridan a sollevare il coperchio delle pentole (Il mio piede sinistro, Nel nome del padre, In America) – ci tiene informati sulle sorti di Sam in Afghanistan. L’eroe è vivo e tornerà portandosi dentro un macigno morale che inciderà sui rapporti con Grace e con Tommy, proprio mentre nuove armonie sentimentali prendono forma nella famiglia. Tuttavia è proprio l’insistito uso delle “finestre informative” dal fronte a rendere poi meno significativa la sorpresa del ritorno. L’approccio alla materia si rivela tutt’altro che “estremo” ed è salvato dalla notevole interpretazione di Maguire (altro che Spider-Man) e di Gyllenhaal. Per la maggior parte del film Sheridan mantiene i toni sul registro mediano di temi psico-sociologici scontati, l’inferno della guerra e le difficoltà del “reduce”, il contrasto dei caratteri tra due fratelli con in mezzo la presenza della giovane moglie/cognata. Lo stile del regista uniforma il racconto sul registro di un cinema senza sorprese, un “già visto” che scioglie il dramma in formula poco dubitativa. Come del resto non-dice la linea-catenaccio del titolo in locandina: «Ci sono scelte che ti cambiano per sempre la vita». E come induce a sospettare la stessa scelta di realizzare un remake del bel film di Susanne Blier, Non desiderare la donna d’altri (Brothers, 2004).
Franco Pecori
23 Dicembre 2009