La teoria del tutto
The Theory of Everything
Regia James Marsh, 2014
Sceneggiatura Anthony McCarten
Fotografia Benoît Delhomme
Attori Eddie Redmayne, Felicity Jones, Charlie Cox, Emily Watson, Maxine Peake, Simon McBurney, David Thewlis, Guy Oliver-Watts, Lucy Chappell, Harry Lloyd, Enzo Lilenti, Charlotte Hope, Abigail Cruttenden, Alice Orr-Ewing, Thomas Morrison, Michael Marcus, Eileen Davies, Simon Chandler, Christian Mckay, Gruffudd Glyn, Georg Nikoloff, Victoria Emslie.
Premi Golden Globe 2014 e Oscar 2015: Eddie Redmayne, attore drammatico
Ah l’amore! Grande il fascino delle teorie fisiche e cosmologiche di Stephen William Hawking, le ricerche dello scienziato inglese (Oxford, 1942) hanno fatto salire il suo nome ai livelli di Newton e Einstein, ma l’attrazione principale del film è di tipo romantico. Nel 1963, Stephen vince il dottorato a Cambridge e incontra Jane – la Felicity Jones di Like Crazy (Drake Doremus, 2011) -, studiosa di poesia medievale. La ragazza si dimostrerà donna forte e generosa, restando accanto al suo uomo nei lunghi anni della grave malattia (motoneurone) che ne limiterà l’autonomia del corpo fino a costringerlo sulla sedia a rotelle e a parlare attraverso un sintetizzatore vocale. Divenuti marito e moglie, Stephen e Jane avranno tre figli. Sempre concentrato sul tema del tempo (“Breve storia del tempo” s’intitola il suo libro più venduto), dei buchi neri e delle origini dell’universo, lo scienziato – nei suoi panni il bravissimo Eddie Redmayne de Les Misérables (Tom Hooper, 2013) – discuterà dell’esistenza di Dio senza perdere i contatti con le proprie pulsioni vitali. Jane gli salverà la vita opponendosi all’interruzione consigliata dai medici e lui troverà anche l’ottimismo per assecondare l’attrazione verso l’infermiera (Maxine Peake) chiamata in aiuto nella difficile assistenza quotidiana. L’inglese James Marsh, premiato con l’Oscar per il suo documentario Man on Wire (2008) e apprezzato al Sundance e a Berlino per il lungometraggio Shadow Dancer (Doppio gioco – La verità si nasconde nell’ombra 2012), focalizza l’attenzione sulla sostanza umana della vicenda. L’intelligenza del personaggio e la sua energia nel mantenere al più alto livello possibile la propria vitalità anche in condizioni estremamente critiche si accoppiano con il profondo slancio amoroso della sua compagna – di non secondario valore la prova d’attrice di Felicity Jones nella parte di Jane (della vera moglie di Stephen sarà poi il libro di memorie, “Verso l’infinito”, da cui il film) – e danno vita a una storia appassionante e a tratti commovente. Tuttavia, il regista non cede a tentazioni manieristiche e frena entro i limiti di un’accettabile emotività la componente inglese/romantica. Si veda il sopravvenuto sentimento di Jane per Jonathan (Charlie Cox), il maestro del coro in chiesa, dove la donna si rifugia in cerca di sostegno morale e poi anche pratico. Prevale, alla fine, la traduzione della speculazione scientifica a storia di senso comune: «Finché c’è vita c’è speranza». E di fronte al punto d’arrivo della vicenda personale, osservando i tre figli che si rincorrono in un gioco felice, Stephen sussurra a Jane: «Guarda che cosa abbiamo fatto».
Franco Pecori
15 Gennaio 2015