Dark Night
Dark Night
Regia Tim Sutton, 2016
Sceneggiatura Tim Sutton
Fotografia Hélène Louvart
Attori Robert Jumper, Eddie Cacciola, Aaron Purvis, Anna Rose Hopkins, Karina Macias, Rosie Rodriguez, Marilyn Purvis, Ciara Hampton, Andres Vega, Bryce Hampton.
Premi Venezia 2016, Orizzonti: Lanterna Magica.
Il Male, il cinema, Batman, la vita quotidiana, i suoi misteri nascosti, i pericoli fuori e dentro di noi. The Dark Knight Rises è il film, non la “notte” nera di Tim Sutton, ma l'”oscurità” di Christopher Nolan, del Cavaliere che insiste, ritorna. È il film programmato il 20 luglio 2012 nella multisala di Aurora, la Century 16, nel Colorado. Qualcuno, nella notte nera, ebbe i suoi motivi per fare strage di spettatori, lacrimogeni e spari, 12 morti, 70 feriti. Il tizio, ventiquattrenne, si chiamava James Eagan Holmes, di quel nome la rilevanza non è mai stata importante. Vestito di nero, maschera antigas, somigliava agli spettatori, per l’occasione travestiti da Dark Knight. Confusione o piuttosto fusione? E qui siamo già con Tim Sutton. Premiato dalla giuria del Torino Film Festival nel 2012 per il suo primo film, Pavillion, il regista newyorkese s’è fatto riconoscere alla Mostra di Venezia con Memphis (2013). Dark Night è il suo terzo lungometraggio. Selezionato al Sundance nel 2016 e premiato nella sezione veneziana Orizzonti, il film arriva nelle nostre sale grazie allo spirito indipendente di Mariposa Cinematografica. Fusione è un possibile tema, che non vuol dire confusione, così come “tratto da una storia vera”, in questo caso, non equivarrebbe al racconto “documentario” né alla messa in scena effettistica di un evento assegnato alla cronaca. Intanto, i “fatti” referenziali non li vediamo. Non siamo invitati a identificarci con i testimoni oculari di quella notte (400 erano gli spettatori in sala), né con i poliziotti che arrivarono sul posto in 90 secondi e in un quarto d’ora arrestarono lo strano Dark Knight. Lo strano aveva i capelli tinti di rosso e si autodefinì “Joker”, ma non siamo stati e non siamo curiosi più di tanto verso i particolari “reali”. Sutton sembra aver genialmente intuito la nostra tendenza preferenziale, filosofica, estetica, rivolta alla portanza dei segni, all’osservazione selettiva degli “indizi” metaforici che, nel quotidiano, compongono il quadro rappresentativo della nostra condizione di vita. C’è tensione nelle nostre giornate. Siamo “sereni” quando non ce ne accorgiamo. La macchina da presa, usata in un certo modo, ci aiuta a essere “presenti”. E figuriamoci se fossimo veterani di guerra. Armi un po’ ovunque, nelle case e indosso alle persone, giochi elettronici, giochi pericolosi in uno stato diffuso di alienazione. Ma nessun grido dallo schermo, solo sguardi attenti, accumulo significativo di particolari della “normalità” quotidiana. Sei “personaggi” compongono un assemblaggio non gridato di materiali di vita vissuta, frammenti non misteriosi per un mistero ansiogeno che si configura in un identikit indicativo. Lontano dallo stereotipo e dal genere, Sutton si muove fuori-standard, usa la discrezione come arma potenzialmente esplosiva. Ciascuno dei personaggi “anonimi” del film può essere il mostro, partecipa comunque alla sua com-posizione, ne veicola una parte essenziale. Ma non possiamo dire di poterne individuare il disegno finito, tanto che a un certo punto ci salta in mente di pensare che lo stesso regista possa essere l'”assassino”. Ma no. Ma sì, l’autore. Ripensiamo a tutto un cinema da Filmstudio 70, un cinema fuori standard che ha poi lasciato il posto a generalizzate ricomposizioni dei generi, operate sulla scorta di furbizie ri-produttive e sui vantaggi di ri-assuefazioni ignobili. Mascheramenti trasgressivi ve ne furono anche allora, certo. Ma non ebbero la forza riproduttiva di estetiche “dal basso”, sterminatrici di valore (minuscolo). Nella Notte Nera di Sutton contano i frammenti sfuggenti del pericolo nascosto. Se non siamo stati in guerra, siamo in guerra tra coloro che vi sono stati e ora giochiamo comunque, disvelatrice la Notte. Il regista prepara un altro attentato o si prepara a proteggerci da altre eventualità? Dobbiamo accettare il rischio, sarà meglio che ci attrezziamo per una lettura pertinente.
Franco Pecori
1 Marzo 2018