Silence
Silence
Regia Martin Scorsese, 2016
Sceneggiatura Jay Cocks, Martin Scorsese
Fotografia Rodrigo Prieto
Attori Liam Neeson, Andrew Garfield, Adam Driver, Tadanobu Asano, Ciarán Hinds, Shinya Tsukamoto, Yôsuke Kubozuka, Yoshi Oida, Issei Ogata.
Scorsese ci ha pensato molto, poi si è affidato alla scenografia magistrale di Dante Ferretti e all’arte fotografica di Rodrigo Prieto e ha sfornato un monumento della riflessione cristiana, dove la fede, il dubbio, il rimorso si muovono con compostezza grandiosa e cupa. A distanza di 28 anni dal primo impatto con il romanzo “Silenzio” del giapponese Shûsaku Endô, il regista di L’ultima tentazione di Cristo ritorna ai dubbi dei rapporti con Dio, ma lascia le epilessie e le grida, le minacce e le promesse amorose di salvezza e s’immerge negli oscuri domini del buddismo strategico e seicentesco, andando a confrontarsi “fuori casa”, nel Giappone mitologico, feudale samuraico, sui temi della debolezza e della forza, dell’espansione (cristiana gesuitica) e della conservazione, sui teoremi della necessità dialettica e del risarcimento misterioso del silenzio prospettico e divino; un silenzio che, fuori dalla fede, vuol dire niente e lascia alla storia dell’umanità segni eloquenti e dolorosi di scelte egoistiche. Viene da pensare all’ultima immagine del film, di una piccola croce nascosta furtivamente nella sepoltura del morto come furbo escamotage per la vittoria cristiana in terra nemica. “E’ solo una formalità”, sussurravano gli inquisitori giapponesi ai cristiani “invitandoli” a calpestare l’immagine del Cristo prima di passare alla tortura e alla crocifissione – vediamo scene “orribili” ma composte, immagini contrarie a un realismo crudo che sarebbe fuori tono. Formalità, ma in un contesto la forma può essere tutto. E ce ne accorgiamo seguendo il viaggio di due “padri” gesuiti, Rodrigues (Andrew Garfield) e Garupe (Adam Driver) alla ricerca del mentore perduto, Christovao Ferreira (Liam Neeson). E alla ricerca, passo dopo passo attraverso le sofferenze disumane ma storicamente “necessarie”, di una ragione in più, di un’idea che sappia vincere in dimensione divina contro il ghigno sadico e totalitario del vecchio samurai (Issei Ogata). Ferreira sarà una delusione, soprattutto per Rodrigues, un Garfield piombato dal Social Network e dallo Spider-Man nelle indegne prigionie di fangosi villaggi contadini e di aggressive ingiustizie pseudoideologiche che trasferiscono a ragione di sopravvivenza le basiche istanze vangeliche di partenza. Ferreira è fuggito, esempio di apostasia, ha scelto la vita terrena e perfino gli agi di un buon matrimonio giapponese. C’è una ragione in più per dargli torto? Lo spettacolo di Scorsese non ci aiuta. Se mai, domandiamo alla Storia.
Franco Pecori
12 Gennaio 2017