Alaska
Alaska
Regia Claudio Cupellini, 2015
Sceneggiatura Claudio Cupellini, Guido Iuculano, Filippo Gravino
Fotografia Gergely Pohárnok
Attori Elio Germano, Astrid Berges-Frisbey, Valerio Binasco, Elena Radonicich, Antoine Oppenheim, Paolo Pierobon, Pino Colizzi, Marco d’Amore, Roschdy Zem, Lubna Azabal.
Sinceramente, non sappiamo se preoccuparci della salute di Elio Germano, o di quella di Elio Germano attore, o avere compassione per le esagerate sofferenze umane (psichiche soprattutto) di Fausto, il protagonista del film di Claudio Cupellini, apprezzato regista di Una vita tranquilla (2012), lavoro che, in concorso al Festival di Roma nel 2010, riscattava le generiche tendenze pubblicitarie del pur gradevole esordio del 2007 (Lezioni di cioccolato) grazie alla decisiva presenza di Toni Servillo nei panni di Rosario, emigrante in Germania con un retroterra italiano alquanto ingarbugliato. La tendenza di Germano al sovraccarico emotivo della recitazione, riscattata genialmente – grazie anche all’intelligenza di un regista come Mario Martone – con Il giovane favoloso (2014), riesplode qui in un film-mitraglia che equivale a una stressante corsa a perdifiato lungo un tracciato disseminato di mine e pieno di ostacoli messi lì dal destino cinico e baro (la vita d’oggi!). Finirà relativamente bene, figuriamoci, dato che l’amore trionfa su questa Terra anche nelle condizioni di vita più restrittive, ma certo la sofferenza di Fausto è tanta, quasi insopportabile e coinvolge la povera Nadine (Astrid Berges-Frisbey, Syrena in Pirati dei Caraibi: oltre i confini del mare 2011), modella alle prime armi nel difficile mondo parigino della moda. Fausto è cameriere con ambizioni frenetiche, pensa che un giorno sarà direttore di un grande albergo a cinque stelle e intanto una ne fa, cento ne pensa. Aggressivo nelle reazioni alla malasorte, passa da uno scontro fisico all’altro (anche con sangue), occhio perennemente semisbarrato, mani disperate sui capelli corti, fascio di nervi in sbrigativa deambulazione, sa di essere un “morto di fame” solo al mondo e senza riferimenti affettivi, ma ha un cuore grande che batte forte e quasi schizza fuori dal petto. Al primo tentativo di sedurre Nadine, finisce in galera giacché gli viene in mente di far accomodare la ragazza nell’appartamento più lussuoso dell’albergo dove lavora. Si rivedranno? Ma certo. Da quel momento, però, la loro attrazione irresistibile dovrà fare i conti con una decina di bruschi cambi di scena, cambi che sono colpi pericolosi perché la vita per i “morti di fame” è sempre dura. Fausto rintraccia Nadine grazie al cuore d’oro del duro compagno di cella di cui diventa amicone fraterno. Non appena fuori, ecco un altro tenerone, Sandro (Valerio Binasco), imprenditore in pectore per via del sogno di una discoteca a Milano (Nadine sta facendo strada nel lavoro di modella), un locale che vorrà chiamare Alaska. Sull’orlo del suicidio per via del suo carattere generoso e della consapevolezza di un vuoto esistenziale inesprimibile, Sandro non porterà fortuna. Scontri, ferimenti, e perfino un omicidio “involontario” per cui la povera Nadine finirà lei dietro le sbarre. Fausto cederà quasi alla tentazione di sposare la figlia di un ricco padrone di alberghi di lusso (Elena Radonicich), salvo poi a innervosirsi definitivamente, anche per una questione di coscienza forse, o comunque per la potenza irrefrenabile del primo sentimento che non l’ha mai voluto lasciare. Insomma una malattia dentro una sorte maligna che però non si deve lasciar trionfare, perché a trionfare tutti sanno cos’è che deve. Il regista dice di aver raccontato «una grande, epica storia romantica». Molto nervosa.
Franco Pecori
5 Novembre 2015