La complessità del senso
30 09 2023

Gli spiriti dell’isola

The Banshees of Inisherin
Regia Martin McDonagh, 2022
Sceneggiatura Martin McDonagh
Fotografia Ben Davis
Attori Colin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon, Barry Keoghan
Premi Venezia 2022: Colin Farrell at, Martin McDonagh sg. Golden Globe: commedia, sg, Colin Farrell at.

“È solo che non mi piaci più”. Improvvisamente, lo dice Pádraic (Colin Farrell) a Colm (Brendan Gleeson). Semplicità e complessità. Due amici, uomini fatti, da anni si tengono compagnia nella solitudine di un’isola a largo della costa occidentale irlandese, mentre di là dal mare risuonano colpi d’una guerra civile che sembra non voglia finire (siamo nel 1923). Colpi, tanto per dire che il problema di quegli scontri sarebbe troppo grande e imbarazzante da considerare e verrebbe a turbare la tranquilla concordanza di sentimenti di Pádraic e Colm, diversi forse ma ben accoppiati nel programma implicito di reciproco sostegno esistenziale. In apparenza, i due non pretendono che trovarsi al pub, salutarsi e scambiare due parole, tanto per confermare  reciprocamente a se stessi la verità della propria sopravvivenza. Semplice?  Semplice e complesso. Pertinenza e circostanza  sono due parametri di lettura che si fronteggiano, integrati,  in una partita dalle regole metodiche, necessarie l’una all’altra nell’evolversi della duplice biografia. Noia? Fino a un certo punto, nel momento in cui Colm  attinge a un senso di rivolta nel profondo di una semplicità del vivere non scelta davvero e, anzi, costrittiva rispetto a una passione rimasta nascosta e assoluta nel negativo di una rinuncia fisica e non voluta. Violinista, Colm pratica le corde del suo strumento disperatamente, per una mancanza fisica sopravvenuta. Non del tutto impedito, ma quanto basta per avvertire il desiderio di un contesto più appropriato alle sue qualità artistiche, il musicista sceglie la forma della protesta “incomprensibile”, semplificandone la ragione fino a rendere esplicita la complessità del rifiuto netto e inaspettato verso l’amico isolano. Sbigottito, Pádraic viene còlto da una crisi molto meno diretta e semplice di quel che possa sembrare al primo impatto. La Complessità del Semplice si rivela presto come il vero protagonista della terribile commedia, sceneggiata da McDonagh con grazia sadica e con delicata ferocia, nella forme di un’azione scenica che proietta sullo spettatore forme di auto-violenza, in un tragitto non facilmente traducibile in formule deterministiche. I due amici si faranno del male anche fisico. Nessun sorriso al traguardo di un Esterno/Interno da leggere oltre la forma dell’incubo paranoico. Lo sviluppo dell’azione carica la sceneggiatura di un portato travolgente, ben al di là della “grazia” narrativa – non molto diversamente dalla violenta ribellione, trattenuta e non certo inespressiva, di Mildred Haynes contro la recinzione culturale, sociale, storica dei Tre manifesti a Ebbing (2017), il capolavoro precedente di McDonagh, autore dirompente. Non c’è diagnosi per il disturbo dell’isola, spiriti difficili da combattere. Se ne avverte la presenza sotto forma di “infelicità”, semplice e complessa. Pádraic ha una sorella (Kerry Condon), lei lo aiuta e lo abbandona. Di là dal mare troverà gente e forse un lavoro. Grazie al regista per non aver pensato a una ricetta scritta. Sceneggiatura “in levare”. 

Franco Pecori

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2 Febbraio 2023