Passioni e desideri
360
Regia Fernando Meirelles, 2011
Sceneggiatura Peter Morgan
Fotografia Adriano Goldman
Attori Rachel Weisz, Anthony Hopkins, Jude Law, Ben Foster, Jamel Debbouze, Moritz Bleibtreu, Fernando Meirelles, Mark Ivanir, Katrina Vasilieva, Peter Morgan, Teresa Srbova, Sydney Wade, Vladimir Vdovichenkov, Gabriela Marcinkova, Dinara Drukarova, Johannes Krisch, Maria Flor, Lucia Siposova, Alex Sander, Juliano Cazarré, Danica Jurcová.
Un intreccio di amori in giro per il mondo, tale che ci si perde e si fa fatica a tenere un filo. Vienna, Parigi, Londra, Bratislava, Rio de Janeiro, Denver, Phoenix sono luoghi reali e insieme virtuali di un collegamento trasversale di sentimenti e situazioni provenienti da storie diverse, obiettive e intime, difficili da assemblare in un discorso sensato. La parola più giusta è suggerita dalle note stesse di presentazione del film: caleidoscopio. Il cast di tutto riguardo riesce solo a tratti a sostanziare della dovuta dignità artistica il racconto, recuperando la sostanza umana di personaggi/figure le cui caratteristiche vengono dall’attualità del mondo contemporaneo senza che trovino, però, un sufficiente approfondimento. Una qualche coerenza di senso è recuperabile nel concetto di interconnessione (le vie della comunicazione, web, aerei, automobili) al quale si lega l’interdipendenza col suo effetto domino, sempre più avvertibile, di pari passo col progredire della tecnica. E il regista brasiliano (apprezzato a Cannes – City of God 2002 – e a Venezia – The constant gardener 2005) è pronto a cogliere i collegamenti che “uniscono” i destini dei protagonisti, nell’apparente casualità degli eventi. Il problema è che, nel procedere del racconto, gli incastri si rivelano meno misteriosi e “casuali” di quanto ci si potrebbe aspettare, sicché paradossalmente il “complesso” degli accadimenti risulta banale. Non mancano spunti anche di una certa presa emotiva, come l’incontro in aereo tra la ragazza (Maria Flor) che torna a casa dopo una disillusione amorosa e l’anziano padre (Anthony Hopkins) alla ricerca della figlia morta; o come il condizionamento dell’affarismo imprenditoriale sulla vita della coppia Jude Law/Rachel Weisz; o come l’istruttivo (“per realizzare i suoi sogni”) passaggio alla prostituzione della ragazza slovacca (Lucia Siposova). Ma in sostanza emerge il carattere di internazionalità del prodotto, il contrario dello “stile viscerale” che parte della critica vorrebbe attribuire a Meirelles. Una certa superficiale ridondanza nella connotazione di altri personaggi, utilizzati più che altro per riempire spazi tematici d’attualità (i matrimoni infelici, i russi corrotti e violenti, i molestatori/stupratori in via di recupero) avrebbe potuto lasciare spazio a situazioni individuali meritevoli di trattamento più articolato. E comunque, siamo lontanissimi da progettualità del tipo Babel (Alejandro González Iñárritu 2006) e più che mai da riflessioni estetiche alla Alain Resnais (Smoking no smoking 1993). La potenziale ricchezza cinematografica della casualità della vita non risiede nei giochi di sceneggiature a incastro.
Franco Pecori
20 Giugno 2013