Mal di pietre
Mal de pierres
Regia Nicole Garcia, 2015
Sceneggiatura Nicole Garcia, Jacques Fieschi
Fotografia Christophe Beaucarne
Attori Marion Cotillard, Louis Garrel, Àlex Brendemühl, Brigitte Roüan, Victoire Du Bois, Aloïse Sauvage, Daniel Para, Jihwan Kim, Victor Quilichini.
C’è del romanticismo un po’ bignamesco, da repertorio riassuntivo per chi non ha fatto bene gli studi. E però c’è anche un sapore autentico di sottospecie, come un romanzo da parrucchiere ben scritto. Oggi la gente, benché si stenti a crederlo, legge molto. Basti pensare alle migliaia di pagine di magie, di vampiri, di mondi-altri di cui si nutrono specialmente i giovani. Gabrielle (Marion Cotillard) vive un romanzone degli anni ’50, in un paesino del sud della Francia, è figlia di contadini ricchi – Il libro da cui Nicole Garcia e Jacques Fieschi traggono la sceneggiatura è della scrittrice sarda Milena Agus. Ragazza sensualissima, Gabrielle scrive lettere erotiche al suo professore d’italiano, fa il bagno per sentirsi sfiorare dall’acqua, subisce la condanna implicita della famiglia, trova un po’ d’affetto e di comprensione soltanto nella sorella più giovane. I genitori pensano di curare la mancanza di cui soffre la figlia combinandole il matrimonio con José (Àlex Brendemühl), un bravo muratore spagnolo, bisognoso di sistemazione e visibilmente attratto dalla ragazza. Gabrielle accetta, ma chiarisce a José che non sarà mai la sua vera sposa. Poi si ammala di calcoli e viene spedita a curarsi sulle Alpi, in una struttura specializzata. Saluta volentieri José, lo lascia a preparare la loro nuova casa e si abbandona alla struggente solitudine e alla malinconia di una donna a cui manca “la cosa principale”. Ogni mossa, ogni sospiro, ogni sguardo è il segno di una sensualità debordante. Mentre nasce un’amicizia con una delle inservienti, Gabrielle conosce casualmente il tenente André Sauvage (Louis Garrel), reduce malridotto dalla guerra d’Indocina. L’uomo, di nobile sensibilità, è visibilmente in fin di vita, ma la donna s’aggrappa a lui come all’estrema speranza di felicità. Lo vedrà andar via in ambulanza e conserverà in sé la “promessa” di ritrovarsi un giorno. Ha il suo indirizzo di Lione, gli scriverà lettere su lettere senza avere risposta. E non diciamo altro, anche se – guarda un po’ – la prima sequenza del film, ripassandola alla fine, ci racconterà un’altra storia, non meno appassionante, non meno romantica. Manieristica l’interpretazione di Garrel, sdilinquito nel suo finevita, simbolico il personaggio di José – impronta di un presente severo e rassegnato per quanto amoroso, il film della Garcia (attrice alla sua settima regia, dopo Un weekend su due 1990, Le fils préféré 1994, Place Vendome 1999, L’avversario 2002, Quello che gli uomini non dicono 2005, Tre destini, un solo amore 2010) si regge sull’interpretazione di Marion Cotillard, capace di farci “dimenticare” la struttura del racconto (confusione tra realtà e immaginazione, incontrollabile dallo spettatore) e di condurci con sé nella struggente e infuocata passionalità di una donna in equilibrio instabile tra il passato e il futuro di un mondo in evoluzione.
Franco Pecori
13 Aprile 2017