Aspirante vedovo
Aspirante vedovo
Regia Massimo Venier, 2013
Sceneggiatura Ugo Chiti, Michele Pellegrini, Massimo Venier
Fotografia Vittorio Omodei Zorini
Attori Fabio De Luigi, Luciana Littizzetto, Alessandro Besentini, Francesco Brandi, Clizia Fornasier, Bebo Storti, Ninni Bruschetta, Fulvio Falzarano, Alessandra Raichi, Andrea Bruschi, Roberto Citran, Giorgio Molino, Stefano Chiodaroli, Demis Marin, Paolo Pierobon, Franco Maino, Alessandro Federico, Bob Messini, Luciano Scarpa, Alessia Donadio, Tatti Sanguineti.
Sarebbe da chiedere a Fabio De Luigi, attore moderno e sensibile, di definire differenza/diversità tra il suo vedovo e quello di Alberto Sordi – il regista Massimo Venier ci tiene a evidenziare la radice risiana di questo remake della commedia del 1959; e a Luciana Littizzetto, brava attrice ironica, la differenza/diversità tra la sua Susanna e la Elvira di Franca Valeri. Sarebbero domande non certo per sentirsi rispondere che Sordi e la Valeri erano troppo grandi, artisti imparagonabili, ecc. Accetteremmo, se mai, una giustificazione extrafilmica, riferita ai tempi che sono cambiati e alle differenze/diversità tra la società di oggi e quella di oltre mezzo secolo addietro. Allora eravamo sulla soglia del boom e bisognava essere molto bravi (come Risi lo fu) a scovare sotto il manto dell’ottimismo avanzante i rischi di egoismi e opportunismi che avrebbero potuto, in seguito, attenuare se non annullare del tutto i vantaggi della grande “ripresa”. Oggi, in piena crisi economica e culturale, attendiamo spiragli di luce, immersi nella confusione di un consumismo roditore drammatico. Su tali scostamenti di fondo può poggiare l’obbiettivo declassamento della seconda commedia rispetto al corrosivo sarcasmo anticipatore con cui Risi e Sordi indicarono la sostanza malvagia di un affarismo incapace e senza prospettive. Nella coppia di Albertone e Valeri non v’era traccia di sit comedy televisiva, sfortune e successi di Nardi non proponevano espliciti sapori referenziali, eppure tracciavano, con la sola efficacia dell’arte, il solco acido e indigeribile di un frutteto destinato a marcire. Ora con Venier il Nardi/De Luigi sa di Iene, di Natali in crociera, di sfortunate settimane della vita, di Che tempo che fa. E la “resistenza” aggressiva del lato femminile-imprenditoriale (Littizzetto), più che segnalare una ragione conservativa, utilizza un sadismo di maniera che finisce per accogliere nel proprio seno, magari trionfalmente, la sconfitta dell’avversario soprattutto scenico. La beffa finale che attende qui il Nardi/De Luigi non intacca il sorriso benevolo con cui siamo stati invitati a seguire la vicenda fin dall’inizio; nella capriola del destino con cui si chiude il film non v’è amarezza. Del resto, lo stesso titolo chiarisce il punto di vista strategico, con quell’aggettivazione (aspirante) della vedovanza che altro non è se non il programma scoperto di una traduzione soft dell’antica sceneggiatura scritta da Rodolfo Sonego, Fabio Carpi, Sandro Continenza, Dino Verde e dallo stesso Dino Risi. Dunque la vita (televisiva) continua. Non ci sono più i Risi di una volta, sono rimaste le mezze stagioni.
Franco Pecori
10 Ottobre 2013