Ai confini del paradiso
Yasamin kiyisinda
Fatih Akin, 2007
Baki Davrak, Nursel Koese, Hanna Schygulla, Tuncel Kurtiz, Nurgul Yesilcay, Patrycia Ziolkowska.
Cannes, Fatih Akin sc.
Nato in Germania (Amburgo, 1973) e cresciuto in Turchia, l’autore de La sposa turca (2003, Orso d’oro a Barlino) vive le due culture con l’appassionata intelligenza di un concetto limite: il paradiso e cioè la possibilità di un’esistenza armoniosa, in cui la politica non sia conflitto, in un’Europa allargata senza più nazionalismi, dove l’esistenza di ciascuno possa realizzarsi senza cesure drammatiche. I confini di tale paradiso sono mobili e sfuggenti, individuali e collettivi, secondo il variare del punto di vista. La felicità e la pienezza dei rapporti umani dipendono dalla storia e un po’ anche dal caso. Persino i tempi e gli spazi si confondono e, nel cinema, lo schermo sembra incapace di comprenderli in un unico sguardo. E’ questo un confine ancor più specifico. E sta scritto nella sceneggiatura e nel montaggio del film, che mostra “in trasparenza” l’incastro di tre situazioni differenti e non diverse, estranee e interdipendenti; come se la cinepresa rispondesse ad un istinto che la facesse soffermare non-casualmente su questo o quel particolare fotografabile, su questo o quel momento registrabile; e come se dalla fluttuazione di un “inconscio” cinematografico si ridisegnasse, riacquistasse “ordine”, una frazione del mondo in una frazione del tempo. L’Iñárritu di 21 grammi e di Babel è chiaramente citato. Ma lo sguardo di Akin risponde qui ad un sentimento più intimo, che raccoglie l’attenzione dello spettatore in una com-passione più delimitata e più intensa, più in-sita nel destino dei personaggi. Un figlio e un padre, una madre e una figlia, una figlia e una madre; bambini poveri che non vanno a scuola e per caso trovano una pistola – un anziano pensionato pieno di slancio vitale, una donna che si prostituisce perché la figlia possa studiare, un giovane professore universitario che lascia l’insegnamento e apre una libreria, una ragazza impegnata nella lotta rivoluzionaria e nella ricerca della propria madre, una ragazza che se ne va dalla madre borghese ex-figlia-dei-fiori, un figlio che cerca il padre, una madre che piange per la figlia. Brema e Amburgo, Istanbul e il Mar Nero. Vite vissute in parte, spezzate dal caso, sofferte da un’umanità prigioniera della storia. Dopo l’Amore della Sposa turca, la Morte di questo paradiso, in attesa del terzo film, che Akin ha già pensato, sul Male. Grande ritorno della Schygulla ma bravi tutti gli attori, capaci di cancellare dai propri corpi ogni traccia di simbolismo.
Franco Pecori
guarda il video dell’intervista
a Fatih Akin
di Francesco Gatti – Rainews24
9 Novembre 2007