Il castello nel cielo
Tenkû no shiro Rapyuta
Hayao Miyazaki, 1986
Animazione
Prima de La città incantata (2001) e prima de Il castello errante di Howl (2004), questo Castello nel cielo testimonia l’avvio del mitico Studio Ghibli, impresa di Miyazaki e Takahata realizzata nel 1985. C’è aria di libertà espressiva. Il punto di partenza è fantastico, come in tutta la produzione artistica del maestro giapponese (Leone d’Oro alla carriera a Venezia nel 2005), la città di Laputa è nei Viaggi di Gulliver. Poi c’è Miyazaki col suo fumetto manga. Pazu, 12 anni, incontra Sheeta, ragazza “scesa dal cielo” con una pietra misteriosa al collo. Sono orfani e insieme volano alla ricerca del castello di Laputa. I pirati, l’esercito, gli agenti segreti, tutti cercano la stessa cosa. La creatività di Miyazaki riesce a far vivere in ogni inquadratura i personaggi in una vita sempre nuova, verosimile eppure diversa, descrittiva eppure astratta/simbolica, lo spazio e i colori formano un mondo che è in tutti noi ma è anche oltre, nel passato (la miniera, la campagna) e nel futuro (l’aeronave, la città nel cielo) contemporaneamente. La nitidezza del disegno si fonde con la ricchezza dell’immaginazione. La fantasia infantile si proietta sulla coscienza matura e questa la riflette senza contaminarne la freschezza originale. È un vero miracolo estetico. L’intreccio “di genere” serve per seguire un “filo” ma non intacca la ricca originalità dell’immagine. Guerra spaziale e primitiva insieme, minaccia tecnologica e salvezza della Luce Santa, tutto confluisce nello sguardo onesto e intrepido, nella lealtà e sincerità, nell’intelligenza di Pazu e Sheeta. La loro presenza “garantisce” di per sé un mondo migliore. Arte e morale vanno d’accordo.
Franco Pecori
25 Aprile 2012