Lo sguardo di Satana – Carrie
Carrie
Regia Peirce Kimberly, 2013
Sceneggiatura Roberto Aguirre-Sacasa
Fotografia Steve Yedlin
Attori Chloë Grace Moretz, Judy Greer, Julianne Moore,Portia Doubleday, Alex Russell, Gabriella Wilde, Ansel Elgort, Michelle Nolden, Skyler Wexler, Connor Price, Cynthia Preston, Zoë Belkin, Samantha Weinstein, Max Topplin, Kim Roberts, Kyle Mac, Philip Nozuka, William MacDonald, Christopher Britton, Nykeem Provo, Karissa Strain, Katie Strain, Mouna Traoré, Julia Caudle.
Riproposta di una catastrofe morale, leggibile in chiave psicoanalitica e senza una speciale necessità estetica. Il romanzo di Stephen King, passato per la cinepresa di Brian De Palma nel 1976 (protagonista Sissy Spacek e con John Travolta agli inizi, prima di Grease) fa ancora da referente letterario ma, alla ripresa, perde in impatto a livello di forma del contenuto. Tutto è un po’ troppo chiaro. Una madre bigotta (Julianne Moore), ingravidata dal marito subito “fuggiasco”, partorisce una creatura che sente come oggetto diabolico, segno concreto e simbolo del peccato, prima dentro si é e poi fuori dal proprio corpo ma presente più che mai nell’anima (nella mente, nello spirito, nella sua cultura “religiosa”). Il falso Male si proietta nella vita della bambina e poi della ragazza, Carrie (Chloë Grace Moretz), studentessa liceale sbeffeggiata dalle compagne per via della sua timidezza patologica e della “ingenuità” che la rende chiusa e “ridicola” quando, inconsapevole, subisce il primo flusso di sangue mestruale. Carrie, oppressa dall’ostilità sadica delle coetanee, coltiva una specie di rabbia e un senso di riscatto che producono in lei l’energia “misteriosa” e sufficiente a sviluppare poteri telecinetici. La carica difensiva si trasforma in una reazione “morale” distruttiva, cieca perfino verso chi si pente della propria “cattiveria” e vorrebbe salvare l’adolescente insanguinata. Alla fine, il disastro è totale, il contesto è coinvolto, l’oscura superstizione si rivela incendiaria anche di fatto. Più che di remake si tratta, così sembra, di una riflessione sul tema, tanto che la componente horror ne risulta decisamente attenuata, mentre sale in primo piano l’offerta culturale. Julianne Moore riesce a dare dignità artistica alle ragioni “insostenibili” del personaggio, trasformando l’esaltazione negativa della madre in un credibile pathos umano. Brava anche la giovane Chloë Grace Moretz a lasciarsi condurre verso l’ineluttabile abisso del destino di Carrie.
Franco Pecori
16 Gennaio 2014