Malcolm & Marie
Malcolm & Marie
Regia Sam Levinson, 2021
Sceneggiatura Sam Levinson
Fotografia Marcell Rév
Attori John David Washington, Zendaya
C’era una volta, un secolo fa, il Kammerspiel: Lupu Pick, Friedrich Wilhelm Murnau. Il “miracolo” originario, delle immagini in movimento, si rafforzava indagando sulle possibilità espressive del rapporto attore-cinepresa nello spazio fisico e anche ideale limitato nel luogo e nel tempo. Il concetto è strutturale, di epoca in epoca si può arrivare alle diverse avanguardie, di Cassavetes (Minnie e Moskowitz 1971), di Polanski (Venere in pelliccia 2013) e di molti altri. Il metodo di un’improvvisazione “controllata”, quando due personaggi dialogano tra loro, induce a una lettura circoscritta e attenta alle sfumature, oltre il segno stretto delle battute. Può darsi che succedano più “cose” che in qualche spettacolare action movie. Sam Levinson, figlio del “promettente” Barry di A cena con gli amici 1982, ci invita ad assistere al momento in cui esplode la crisi di una coppia dei giorni nostri. Marie (Zendaya), giovane modella con tendenze allo spettacolo, e Malcolm (John David Washington), regista al primo film, tornano a casa dopo aver assistito alla presentazione dell’opera prima dello stesso Malcolm, basata sulla storia di una ventenne che vuole disintossicarsi. Afroamericani, pronti a volare, pratici nel linguaggio attuale e nelle referenze di comportamento che il mondo “avanzato” richiede, i due si scontrano, si amano, si chiariscono sullo scivolo di una dialettica che rischia di sprofondarli in un drammatico gioco della verità. Marie rimprovera a Malcolm di non averla ringraziata in pubblico per il contributo che sente di aver dato al successo del film, visto che la sceneggiatura è sostanzialmente lo specchio della propria storia di dipendenza. Arrivano sul web i primi giudizi della critica sul lavoro di Malcolm e il regista allarga il discorso sui problemi di un cinema da liberare dal dominio del film-LEGO. Il contrasto di coppia prende forme più larghe, buone per un dibattito che coinvolge anche il ruolo della critica: “Certi idioti – grida Malcolm – privano il mondo del suo mistero”. Da parte sua, Marie confessa di aver sperato di poter essere lei stessa la protagonista del film scritto e diretto dal suo compagno. E viene fuori un altro tema di fondo, della differenza tra recitare e vivere: “Ricreare la realtà non è interessante, conta l’interpretazione della realtà”. Il monologo di Malcolm è un grande pezzo di bravura di John David Washington. Sam Levinson ha il merito di mantenere la tensione al giusto livello specifico, dove si fonde con perfetta discrezione la doppia pertinenza del discorso, sentimentale e culturale (con espliciti risvolti politici, per un cinema non più soggetto agli interessi dominanti dei bianchi). Perfetto il tocco di Zendaya (con notevole disinvoltura e bravura da Spider-Man Homecoming alla tv-serie Euphoria), nel monologo di risposta, a chiudere, con il lungo “grazie” che avrebbe voluto da Malcolm e la cui mancanza ha dato il là al bel film in bianco&nero. Notevole, in epoca di rapismo, la scelta delle musiche, di sostanza jazzistica, compreso quel capolavoro di Duke Ellington, In a Sentimental Mood.
Franco Pecori
5 Febbraio 2021