Nottetempo
Nottetempo
Regia Francesco Prisco, 2014
Sceneggiatura Francesco Prisco, Annamia Morelli, Gualtiero Rosella
Fotografia Francesco Di Giacomo
Attori Giorgio Pasotti, Nina Torresi, Gianfelice Imparato, Esther Elisha, Antonio Milo, Samuel Colungi, Valeria Milo.
Emergono dal nulla e dopo 90 minuti se ne rivanno nel nulla cinque personaggi in cerca di un autore. Non basta loro il terzetto degli sceneggiatori del film. Nottetempo, l’esordiente Francesco Prisco, già cortometrista piaciuto, ha concepito una collezione di figurine che non avevano bisogno di motivazioni precise per cadere sul tavolo dov’era in gioco il destino incontrollato dei protagonisti. Un pullman da Napoli (forse) scivola in una notte umida verso il Nord. Una ragazza e una donna scambiano poche parole, sarà un’amicizia breve, non fortunata. Non possiamo dire. Assia (Nina Torresi che viene dai Cesaroni) ha in mente un uomo, lo va cercando al buio, prima o poi lo troverà. E vedrete che lo troverà presto. E’ Matteo (Giorgio Pasotti, ragazzo dai sapori delicati, che a volte trattengono un po’ di sale – Sapore di te, L’aria salata), impegnato nel rugby e motociclista ligio nella polizia stradale. Una misteriosa attrazione lega i due verso un finale a sorpresa e irresoluto, che ci lascerà sospesi nel dubbio di un film ancora da fare. S’intromette, per disgrazia della narrazione, la figura di un attore comico in patetico declino (Gianfelice Imparato, di famiglia televisiva anche lui), alla ricerca di chi abbia influito sulla fine della propria improbabile donna. Darà un passaggio ad Assia verso il finale di cui sopra. Prima che il sipario si chiuda conosceremo, proveniente da un altro film da fare, Lidia (Esther Elisha), la donna oggetto di un’altra ricerca – su binario parallelo -, di Matteo verso il recupero di un progetto paterno. Lidia, abbandonata da Matteo e madre del figlio avuto da lui, ha accettato la compagnia di un altro per condurre, a Bolzano, il bar dal nome significativo in senso regbistico: Terzo Tempo. Ci fa una certa simpatia, quest’ultima figura (Antonio Milo), utile più che altro a risolvere con un meccanismo misterico il finale, in una confluenza ingiustificabile se non nella prospettiva di una drammaturgia allusiva e ufficiosa, quale risulta dalla scrittura del film. Che invece, come film-immagine, è del tutto tranquillo, privo di scosse emotive.
Franco Pecori
3 Aprile 2014