In questo mondo libero
It’s a Free World…
Ken Loach, 2007
Kierston Wareing, Juliet Ellis, Leslaw Zurek, Faruk Pruti, Branko Tomovic, Serge Soric, Radoslaw Kaim, Frank Gilhooley, Raymond Mearns, Steve Lorrigan.
Venezia, Osella per la sceneggiatura di Paul Laverty.
«Il terzo mondo è a Londra». C’è chi la pensa così, soprattutto fra gli immigrati senza permesso regolare, in cerca di lavoro, ridotti a prigionieri di uno sfruttamento brutale, che fa pensare a situazioni di un’altra epoca. «Credevo che quei tempi fossero finiti», dice l’anziano padre mentre con amarezza constata il comportamento cinico della figlia Angie (Wareing), reclutatrice di lavoratori a basso costo. Lei, ragazza madre, indurita a sua volta dai soprusi maschilisti subiti e disperata per il proprio licenziamento, ha deciso di “rispettare” la legge dell’assurda sopravvivenza a cui l’ha costretta il cosiddetto “mondo libero”. Forte di una netta verosimiglianza interna, questo attualissimo film di Loach (il regista inglese attento alle problematiche sociali e già premiato a Cannes per Il vento che accarezza l’erba) si avvale della sceneggiatura di Paul Laverty (Osella a Venezia), decisiva nella costruzione di un’opera ai limiti del “documentario” e insieme spiccatamente “drammatica” nella sua resa scenica. La dialettica tra regolare e irregolare è così stretta nella rappresentazione del tema lavoro/immigrati che libertà diverrebbe parola vaga se a reggere il timone non ci fosse il cinema, l’arte di Loach, lo sguardo di un cineasta non cedevole alle attrattive del compromesso – e qui specialmente, quando saremmo portati a chiedere spiegazioni sul comportamento di Angie e soluzioni per le scelte di una generazione “spaesata”. Molto brava Kierston Wareing a mettersi nei panni di una donna-simbolo-in-carne-e-ossa, spingendoci fino alle soglie dell’immedesimazione e, insieme, fermandosi al di qua di un freddo agnosticismo drammaturgico. Pensiamo al risultato, punto centrale che nel film è sottolineato, del processo contro i malfattori imputati di aver immesso nel lavoro clandestino centinaia di stranieri irregolari, una semplice lettera di diffida, e continuiamo a cercare, al di là del film.
Franco Pecori
28 Settembre 2007