Pirati dei Caraibi: oltre i confini del mare
Pirates of the Caribbean: On Stranger Tides
Rob Marshall, 2011
Fotografia Dariusz Wolski
Johnny Depp ,Penélope Cruz, Geoffrey Rush, Ian McShane, Kevin McNally, Astrid Berges-Frisbey, Sam Claflin, Gemma Ward, Stephen Graham, Richard Griffiths, Roger Allam, Anton Lesser, Greg Ellis, Damian O’Hare, Oscar Jaenada, Christopher Fairbank, Bronson Webb, Paul Bazely, Richard Thomson, Yuki Matsuzaki, Keith Richards, Sebastian Armesto.
E quattro. Dopo La maledizione della prima luna (2003), La maledizione del forziere fantasma (2006) e Ai confini del mondo (207), i Pirati dei Caraibi si spingono Oltre i confini del mare. Medesimo divertimento. Johnny Depp ci crede e non ci crede, si rivolge a noi con i suoi occhioni arrendevoli e furbi, come per giustificarsi del ruolo un po’ troppo leggero e mistificatorio, ma nello stesso tempo l’attore è consapevole di avere una parte importante nella trasmissione del gioco e quindi nella conservazione dell’illlusione. I pirati non sono cattivi fino in fondo, anzi sono perfino simpatici, costretti a rappresentare una funzione non trascurabile nelle sorti del mondo, relativamente all’epoca in cui Spagna e Inghilterra andavano a vela alla conquista del primato mondiale. Il fatto che il film sia divenuto anche videogioco, libro, parco di divertimenti Disney non è che una conferma di come ciascun tema, anche il più serio sia riducibile a spettacolo e per di più a commedia (vedi Dante!). Qualche novità nel racconto, soprattutto nei personaggi, c’è. Ma è variazione, non variante. La vecchia passione di Jack Sparrow, Angelica – nome suscitatore di metafore rinascimentali -, compare nelle sembianze di Penélope Cruz, spagnola sì l’attrice ma non facilmente immedesimabile nella parte che fu di Keyra Knightley. Poi avviene che il Barbossa di Geoffrey Rush viene relegato in panchina e titolare della “cattiveria” scende in campo Ian McShane con la maglietta di Barbanera. Tra un inseguimento e uno scontro per vincere nella corsa alla fonte dell’eterna giovinezza, i giudici dei tribunali prendono la mazzetta e pare diventare sempre più difficile distinguere le diverse identità, anche al di là delle singole persone. Ad Angelica che si mostra gelosa e chiede cosa mai Jack ci facesse in un certo convento spagnolo, Sparrow risponde con nonchalance: «L’ho scambiato per un bordello» e aggiunge: «ero in buona fede». E come mai a bordo del veliero tutti gli ufficiali sono stati trasformati in zombi? per star dietro a una moda di cinema di genere? No, spiegano a Jack: gli è che così «si lamentano molto meno». Infine, prima che arrivi l’ultima interminabile parte, ecco la mitica invenzione delle sirene, minaccia mortale, ostacolo “imbattibile” da superare per arrivare alla fonte. E in verità, la situazione è più che verosimile. Fatti due conti, non si vede come il religioso e buon Philip (Sam Claflin) possa resistere a lungo alla sconvolgente bellezza della più speciale delle sirene, Syrena (Astrid Berges-Frisbey). Infine la novità decisiva,la regìa affidata a Rob Marshall. Il passaggio dai musical (Chicago e Nine) all’avventura supercodificata risulta non poco strano. Per fortuna c’è il 3D per chi volesse addirittura prescindere dalla specifico generico e tuffarsi senza ritegno nell’avvolgimento volumetrico.
Franco Pecori
18 Maggio 2011