Qualcuno da amare
Like Someone In Love
Regia Abbas Kiarostami
Sceneggiatura Abbas Kiarostami, 2012
Fotografia Katsumi Yanagijima
Attori Rin Takanashi, Tadashi Okuno, Ryô Kase.
L’iraniano Abbas Kiarostami continua a tenere il suo cinema sul filo della semplicità nella ricerca assidua del senso da dare alla vita dei personaggi, di volta in volta come meravigliati essi stessi delle implicazioni emotive, psicologiche e ideali delle singole situazioni “reali” in cui si trovano. Autore consacrato nei maggiori festival europei, da Locarno a Venezia e, soprattutto, a Cannes (Palma d’Oro nel 1997 con Il sapore della ciliegia e poi ancora presente con Dieci nel 2002, con Chacun son cinéma, episodio La fonderie nel 2007 e con Copia conforme nel 2010 – Palma a Juliette Binoche) Kiarostami si trasferisce in Giappone e prende a cuore il destino della studentessa Akiko (Rin Takanashi). Entra in un locale di Tokyo, dove la sera si ritrovano giovani prostitute destinate a clienti anche speciali, e osserva le ragazze che parlano sedute ai tavoli. Con l’aria di girare un documentario senza particolari interessi, la cinepresa si sofferma un po’ di più su Akiko, la quale sembra essere turbata da qualcosa che le sta capitando. Parla al cellulare, piange, è preoccupata. Dopo un po’ capiamo che le cose non vanno con Noriaki (Ryô Kase), il suo ragazzo geloso. E un problema c’è anche con la nonna, la quale sta venendo in città a trovare la nipote, visto che da giorni lei non risponde al telefono. Piccoli intoppi della vita comune. Akiko si mantiene agli studi concedendosi a pagamento, lo fa di nascosto. Nemmeno Noriaki sa niente, il bravo giovane un po’ apprensivo manda avanti la sua officina meccanica e tiene d’occhio quella che considera la sua promessa sposa, sperando di conoscerne un giorno la famiglia. La cinepresa di Kiarostami sembra essere particolarmente fortunata a capitare in quel bar proprio in un momento così complicato per Akiko. Il suo “datore di lavoro” le ha procurato infatti l’incontro con un cliente di riguardo, un anziano professore universitario, e lei, mentre è attesa alla stazione dalla nonna, non sa come liberarsi da Noriaki, il quale la tempesta di telefonate. La ragazza arriva nella casa del professor Takashi (Tadashi Okuno) con pochissima voglia di tener fede al proprio compito sessuale. Del resto, anche l’anziano intellettuale sarebbe molto occupato in faccende che richiederebbero una diligente applicazione. Ma il suo bisogno di amore è qualcosa che vorrebbe andare oltre lo sbrigativo incontro con la ragazza procuratale a pagamento. Arriva Akiko e nella casa di Takashi si creano momenti di imbarazzo, la giovane prostituta con le sue preoccupazioni private va verso il letto mentre l’uomo la invita a sedersi a tavola per mangiare la zuppa che egli le ha “amorevolmente” preparato. Non è indifferente, per la resa artistica, il fatto che i due attori non appartengano allo star system ma siano due debuttanti. Quell’imbarazzo fa pensare al De Sica di Umberto D, non certo per il ruolo dei personaggi, così diverso, ma per la “verità” dei non-attori sul set, nella loro sublime osservanza della propria dignitosa consapevolezza. Come succedeva con Carlo Battisti e Maria Pia Casilio, qui il regista rispetta una privacy quasi-reale e forse ancor più che reale, restituendoci con misurata discrezione la delicatezza dei sentimenti non espressi, non detti, ma vissuti e sofferti. Da quel momento il rapporto tra Akiko e Takashi non potrà mantenersi nell’estraneità convenzionale dei due ruoli. Il vecchio professore accetterà di fingersi nonno “vero” agli occhi di Noriaki, senza per questo “dettare” alcuna prescrizione di comportamento ai due giovani. E in parallelo, il cinema registra con maggiore insistenza la casualità della vita, dei suoi attimi irripetibili nei riflessi delle riprese, persone che passano, interni ed esterni occhieggiati con apparente indifferenza, in uno straniamento necessario alla stessa consistenza digitale della ripresa, in vista di uno schermo idealmente destrutturato, quasi per un’immagine inconsistente. Purtroppo, forse, come il bisogno d’amore nella sua trasparenza intima, impercettibile. Sovviene alla memoria e resta come momento centrale il tragitto in taxi di Akiko che mentre si reca dal “cliente” prega l’autista di deviare un po’ e lo fa girare due volte intorno al monumento nei pressi della stazione dove un’anziana donna attende invano di rivedere la cara nipote. Le luci di Tokyo e il traffico segnano il limite della continuazione. Piccoli intoppi ai sentimenti comuni.
Franco Pecori
24 Aprile 2013