Underworld: La ribellione dei Lycans
Underworld: Rise of the Lycans
Patrick Tatopoulos, 2009
Michael Sheen, Bill Nighy, Rhona Mitra, Steven Mackintosh, Kevin Grevioux, Craig Parker, Tania Nolan, Jared Turner.
Aristocratico e crudele, il vampiro Viktor (Nighy), assegnato all’immortalità da una tradizione che non sopporta la decadenza del male, è condannato a lottare contro l’altra genìa, dei licantropi imbestialiti nella loro subcondizione. Lo scenario è medievale, di un medioevo cupo e “sotterraneo”, in cui le manifestazioni relative ai “superpoteri” stridono con le oppressive limitazioni culturali. Lo scontro tra vampiri e lupi ha l’aria di voler essere archetipo oltre che atavico. È un mondo dal quale sembrerebbe impossibile uscire. Interviene però un fattore “romantico”, che stravolge i piani della storia e lascia che dal buio scaturisca l’energia di un amore, capace anche di trasmettere il senso di un riscatto “sociale”. La scintilla è tra la figlia di Viktor, Sonja (Mitra), e il licantropo Lucian (Sheen), maniscalco “a corte”. Lei, la figlia prediletta, diviene per il padre la vittima da sacrificare dopo l’irrimediabile tradimento; lui, per salvare Sonja dalle grinfie di Viktor, riesce a coinvolgere l’intera schiera di lupi schiavizzati e tutta la popolazione di licantropi scorrazzanti nei boschi: se lo seguiranno potranno uscire dalla misera esistenza e ritrovare l’umanità sottratta loro dal malefico vampiro. Lucian ha dalla sua il nuovo potere venutogli dalla propria nascita “impura” (da una licantropa prigioniera), di prendere a piacimento forma umana o di lupo. Indeciso tra la storia romantica d’un amore segreto e l’azione epica di una corsa verso il trionfo della luce e della libertà, il film chiarisce comunque una tendenza di fondo, del procedere dei destini verso una fatale liberazione dell’umanità. Restano oscure le ragioni dei due modelli messi a fronte nella guerra feroce: il vampiro e il lupo. Ma questa è materia di studi superiori. Lo spettacolo, meno ingenuo dei precedenti due film della saga (Underworld, 2004, e Underworld evolution, 2006), pur nell’accentuazione di forme immaginifiche attinenti all’ibrido, riesce a trasmettere il senso di uno spietato e fatale dolore (Viktor, vittima di se stesso) e di un recupero del sentimento nel passaggio fluido bestialità/umanità. Gli effetti digitali, questa volta, aiutano.
Franco Pecori
20 Febbraio 2009