Tutto tutto niente niente
Tutto tutto niente niente
Giulio Manfredonia, 2012
Fotografia Roberto Forza
Antonio Albanese, Lorenza Indovina, Nicola Rignanese, Davide Giordano, Lunetta Savino, Manuela Ungaro, Noki Novara, Vito, Fabrizio Bentivoglio, Paolo Villaggio.
Sul destino dei personaggi solo noi cittadini italiani potremo dire la nostra. Ma intanto cerchiamo di capire chi sono i tre protagonisti, Cetto La Qualunque, Rodolfo Favaretto e Frengo Stoppato. Verrebbe di domandarlo al politico senza nome (Fabrizio Bentivoglio), Sottosegretario di un governo traballante, presieduto da un premier non meglio identificato (ma sembra proprio Paolo Villaggio, meglio di così…). È proprio il vicepremier, pare potentissimo, a incaricarsi di tirar fuori dalla galera Cetto, Olfo e Frengo e di piazzarli in Parlamento con l’unico obbligo di votare come e quando si chiederà loro. Una cosa da niente, i tre accettano i privilegi (non pochi) e continuano a “impegnarsi” nelle abituali attività. Salvo poi restare disillusi quando la realtà, pubblica e privata, si mostrerà nella sua crudezza. Ma prima di arrivare al finale, avremo modo di verificare certe loro qualità non proprio eccezionali – tutt’altro, comuni a molti. Non stiamo a descrivere le caratteristiche dei protagonisti – e non solo di loro ma di tutto il contorno, famiglie e società -, sarà meglio gustarseli in azione, nella loro indecenza così poco (tanto) divertente da coinvolgerci in un appassionato disgusto. Della figura di Cetto il pubblico più vasto sa già non poco per via della televisione, ma qui se ne potrà scoprire un risvolto malizioso, fornitoci da Albanese secondo la dantesca legge del contrappasso. Aspettatevi – come potrebbe essere altrimenti? – qualche problemino sessuale e, comunque, continuate a farvi i c…. vostri. Anche di Olfo (è sempre Albanese che si cambia d’abito, uno e trino) si sa o si può immaginare abbastanza, le referenze di base provengono dai telegiornali, ma ora il vantaggio è di vedere il personaggio con la maschera più vera, autentica, nella sua piena falsità, scafista indaffarato a “secedere, secernere, secessionare” (fate voi). Quanto a Frengo, il suo scopo principale sembra di non perdere contatto con il fumo più vicino alla natura, “biologico ed ecocompatibile”, senza trascurare i rapporti con la Santità vaticana. Sua l’idea delle grandi feste del “Tutto tutto niente niente” con suoni balli e l’armamentario godereccio – la musica, non soltanto dei momenti di festa ma per tutte le fasi maggiormente attrattive del film, è di Paolo Buonvino. Verrà da dire: possibile che un paese civile, di antichissime radici culturali, possa o addirittura debba essere governato da gente così? Non dobbiamo chiederlo ad Albanese, o almeno non dobbiamo fare a lui – e nemmeno al bravo regista Giulio Manfredonia (È già ieri 2003, Si può fare 2008, Qualunquemente 2010) – la domanda politica. Il film ci fornisce piuttosto un taglio del costume, del degrado che permette a certi personaggi di emergere nella vita associata, perfino imponendo le caratteristiche di volgarità e insipienza che purtroppo sono, anche nella realtà, sotto gli occhi di tutti. Antonio Albanese (sua e di Piero Guerrera la sceneggiatura, con la collaborazione di Giulio Manfredonia, Andrea Salerno e Enzo Santin) fonde in pieno la propria carica comico-satirica con lo sguardo antitelevisivo della regia regalandoci una ficcante provocazione documentaria, utile non solo al divertimento. Al non-punto-di-vista della Tv, lo sguardo generico qualunquistico del mezzo elettronico generalista, costitutivamente – si direbbe – povero di scelte (basta anche osservare il modo di illuminare la scena in certi programmi in studio), viene qui contrapposta una ricostruzione immaginifica che non nasconde e anzi esibisce la piena inventiva del “falso” (scenografia di Marco Belluzzi e costumi di Roberto Chiocchi), restituendocene l’impatto simbolico-estetico con l’effetto di una bomba-vomito, tale da assicurarci il definitivo rifiuto di quel certo menu.
Franco Pecori
13 Dicembre 2012