Ada
Razzhimaya kulaki
Regia Kira Kovalenko, 2020
Sceneggiatura Kira Kovalenko, Anton Yarush, Liubov Mulmenko
Fotografia Pavel Fomintsev
Attori Milana Aguzarova, Alik Karaev, Soslan Khugaev, Khetag Bibilov, Arsen Khetagurov, Milana Pagieva
Premi Cannes 2021, Un certain regard Film.
Un certo sguardo non è soltanto il nome di una sezione del festival di Cannes, Un certain regard. È qui la riuscita specializzazione del cineocchio a impersonare una problematica psico-socio-culturale come la possessività patologica di un padre verso la figlia (senza voler dire che Sofocle fosse laureato in psichiatria). Il lavoro della russa Kira Kovalenko, secondo titolo della sua recente carriera dopo Sofichka (2016), è ancora frutto del workshop di Aleksandr Sokurov, frequentato nel Caucaso del Nord dalla Kovalenko e conclusosi nel 2015. Quella scuola produsse una specie di “neorealismo caucasico” e la regista ha poi sviluppato uno specifico amore per il cinema di Marco Bellocchio. Non a caso il titolo originale di Ada si traduce con “Aprendo i pugni”. A mezzo secolo di distanza, via dalla tasca i pugni di Alessandro. Ada (Milana Aguzarova) porta dentro di sé – e ne può anche mostrare, vedremo, il segno sul proprio corpo – l’incubo di un episodio attrattivo subìto anni prima in famiglia. Ora vediamo una ragazza ventenne muoversi con circospezione, occhio pacato e difensivo, parole misurate e sottovoce, sorriso discreto come a coprire un pensiero interno. Siamo a Mizur, cittadina mineraria dell’Ossezia settentrionale. Paesaggio montano, furgoni lavorativi, bambini che giocano, pochi giovani scorrazzano nella polvere. Gli occhi di Ada prendono la scena, la cinepresa non può distrarsi, non può fare a meno di cogliere una profondità non appacificata. Zaur (Alik Karaev), anziano vedono, padre silenzioso, cura i suoi figli, Ada e il più giovane Dakko (Khetag Bibilov), con pacata, rigida attenzione. Sua figlia è corteggiata da un ragazzo del vicinato, ma di un fidanzamento neanche a parlarne. Poi rientra dalla vicina Rostov il fratello maggiore, Akim (Soslan Khugaev), e le cose cambiano. Ada può cercare in lui un appoggio per liberarsi. Ovvio che non sarà semplice. Accadono delle cose, ma l’andamento non è “documentario”, scegliendo la regia di articolare fatti e particolari anche scenici in un tracciato non superficiale. Akim aiuterà Ada senza che la dimensione affettiva, anche in negativo, resti attenuata nel difficile rapporto con Zaur (“Non posso vivere senza di te”, dice il padre alla figlia). I corpi restano corpi, le anime del racconto si fanno attese, sospensioni, piccole verità drammatiche. Gli occhi di Milana/Ada restano la grande invenzione.
Franco Pecori
14 Luglio 2022