Valentino: L’ultimo imperatore
Valentino: The last emperor
Matt Tyrnauer, 2009
Fotografia Tom Hurwitz
Valentino Garavani, Giancarlo Giammetti.
Venezia 2008, Orizzonti
Inutilizzabile. Fantasmatico. Valentino Garavani non è reale, non è vivibile. La sua dimensione occupa uno spazio filosofico le cui coordinate non sono rintracciabli e meno che mai rappresentabili. Il suo impero assoluto, unico nella Moda, è fuori. Il carattere tendenzialmente metafisico del suo disegno sembra nascere sì dal colore e dal tessuto, dal corpo e dagli occhi, dalle caviglie e dal seno di una modella, sembra sì scorrere sulla passerella per l’ammirazione e per l’estasi, ma la vita che indica non è mai un suggerimento, non si realizza. È altrove. Vediamo il laboratorio, vediamo le sarte con l’ago e il filo e vediamo la mano di Valentino stringere un drappeggio, accennare a una piega. Nessuna macchina per cucire. L’atmosfera è astratta, come se dall’idea al disegno e alla “prova” il passaggio fosse incolmabile. La troupe di Matt Tyrnauer ha seguito Valentino per due anni nel tentativo di fare un documetario sull’artista e di racconntare le fasi della sua ascesa, i trionfi, il dominio di un impero ineguagliabile. Non ci è riuscito. Ne è venuto fuori qualcosa di molto di più. Perfino i cani a cui l’imperatore lava i denti stanno a mezz’aria, quasi consapevoli di un destino irripetibile. Quando appare nell’inquadratura, quando parla e si consiglia col suo compagno Giancarlo Giammetti, Valentino sembra svegliatosi in quel momento da un sogno e continua a concentrarsi per un sì o per un no decisivi, artistici. La musica di Nino Rota non “commenta”, ricorda soltanto che qualcuno un giorno ebbe anch’egli una vaga visione di Via Veneto e intravide spettri allucinati aggirarsi e ripiombare nel nulla. Conobbe anche, Fellini, le angoscie del regista sulla soglia di un mezzo film in più, da fare, da estrarre dall’incubo dell’inarrivabile menzogna. Inutilizzabile anche questo. Si azzerano intorno all’artista medianico le figure note, i nomi importanti. Lana Turner, Hedy Lamarr, Judy Garland, Jacqueline Kennedy, Julia Roberts: tutte favole avvolte nei tessuti che Valentino accarezza nei suoi sogni senza peso. Modelli per un’esistenza impossibile, arresa alla bellezza. La chiusura romana nell’Ara Pacis, l’evento dell’ultima sfilata che celebra i 45 anni di attività, finisce per essere ben poca cosa. Certo, ancora una volta, la frenesia del dietro le quinte, l’uscita delle modelle nel vuoto, il loro sguardo lontano, l’applauso e le lacrime dell’ultimo imperatore, la sua commozione irrefrenabile, il suo appuntamento al “diluvio” si vedono e si percepiscono. Ma inutilizzabili, provocazioni estetiche verso l’indegnità futura. Favola che non vuol essere praticata, falso documentario per un bellissimo film malinconico, impossibile.
Franco Pecori
20 Novembre 2009