La città ideale
La città ideale
Regia Luigi Lo Cascio
Sceneggiatura Luigi Lo Cascio, Massimo Gaudioso, Desideria Rayner, Virginia Borgi
Fotografia Pasquale Mari
Attori Luigi Lo Cascio, Catrinel Marlon, Luigi Maria Burruano, Massimo Foschi, Alfonso Santagata, Aida Burruano, Roberto Herlitzka.
Venezia 2012, Settimana della critica.
L’alone filosofico del titolo va sfrondato dalle probabili implicazioni idealistiche e utilizzato, se mai, per una lettura psico-socio-politica, suggerita anche dalle angosce diffuse che caratterizzano la crisi contemporanea, individuale e collettiva. Luigi Lo Cascio, alla sua prima regia, conosce bene il cinema soprattutto attraverso i personaggi interpretati da attore, guidato da registi italiani importanti in film come I cento passi, La meglio gioventù, Romanzo di una strage (Marco Tullio Giordana, 2000, 2003, 2011), Buongiorno, notte (Marco Bellocchio, 2003), La bestia nel cuore (Cristina Comencini, 2005), Baarìa (Giuseppe Tornatore, 2009), Gli amici del bar Margherita (Pupi Avati, 2009), Noi credevamo (Mario Martone, 2009); interpretazioni che disegnano una figura complessiva di uomo dei nostri tempi, le cui esperienze rimandano a una coscienza critica andata maturandosi nei decenni, attenta ai segnali e alle lezioni della storia. Il protagonista de La città ideale incarna la causa e l’effetto di una “fissazione” specifica proveniente dall’istanza ecologista, esasperata in termini comportamentali fino a incidere sui dettagli personali della vita quotidiana, condizionata dal rigore di una scelta univoca e, al dunque, alienante. L’architetto Michele Grassadonia (Lo Cascio) si è intestardito a condurre un’esistenza “libera” dai consumi usuali, fino a fare a meno dell’acqua corrente e dell’elettricità. Stimato da alcuni e tollerato da altri come tipo un po’ speciale, ha scelto come residenza “ideale” la città di Siena, dove s’è trasferito dalla nativa Palermo. Il centro toscano gli è parso avere quella certa misura “umana”, giusta per il suo esperimento esemplare. Bene o male l’esistenza di Michele procede e gli dà piccole soddisfazioni, sufficienti a vedere confermata in pratica la possibilità di una riforma sensata, per un mondo “al risparmio”. Ma succede qualcosa d’imprevisto. Per fare un favore al suo capo, Michele, il quale da otto anni ormai non ha più guidato un’automobile, ritorna per una volta alla guida e il destino vuole che ciò avvenga in una notte di maltempo. La pioggia forte è causa di uno strano incidente, le cui conseguenze infileranno Michele in un giro kafkiano. Da questo punto in poi, le cose, i fatti, le parole, le situazioni si accavallano e si confondono in un tessuto di significati e allusioni che avvolge la realtà in un incubo “mortale”. La casualità dell’incidente si trasforma in una concatenazione “logica” che porta Michele a subire un processo per omicidio colposo. E’ la “logica” di parole, idee, procedimenti, regole della vita associata, le quali diventano assurde se decontestualizzate, o meglio ricontestualizzate in modo da stravolgere le pertinenze e proiettare sull’individuo il malessere dell’incomprensione, sociale e individuale. La punta di maggiore incongruenza è segnalata dall’intervento dei giudici e degli avvocati in una storia che, invece, riguarderebbe il civile comportamento di un cittadino cosciente di sé e del prossimo, appunto in una “città ideale”. Fatto sta che, stretto nella morsa delle procedure, Michele rischia di venire stritolato in una alienazione che lo costringe a ripiegare su vecchie e malefiche scelte tattiche. Esemplare (anche per la magistrale interpretazione di Luigi Maria Burruano) l’intervento “salvifico” del mafioso avvocato Scalici, consigliato/imposto al protagonista dalla sua provvida e saggia madre. Misurato ed efficace come sempre l’attore Lo Cascio, mentre il regista si lascia sedurre, a tratti, da qualche insistenza allusiva, sottolineata da un andamento slow tipico da “opera prima”. Il tema della nuova alienazione contemporanea è comunque trattato con acuta intelligenza.
Franco Pecori
11 Aprile 2013