L’anno in cui i miei genitori andarono in vacanza
O ano em que meus pais saíram de Férias
Cao Hamburger, 2006
Michel Joelsas, Daniela Piepszyk, Germano Haiut, Paulo Autran, Caio Blat, Simone Spoladore, Eduardo Moreira, Liliana Castro, Rodrigo dos Santos.
Il 1970 fu l’anno dei campionati mondiali di calcio giocati in Messico e vinti dalla nazionale brasiliana. Pelè alzò la coppa per la terza volta dopo la vittoriosa finale con gli azzurri italiani (4-1). Mauro (Joelsas), 12 anni, vive con i genitori, padre ebreo e madre cattolica, a San Paulo, nel quartiere multietnico di Bom Retiro, e resta solo proprio nei giorni conclusivi del terneo. Non potrà godere in pieno la gioia di vedere in Tv il Brasile se il papà e la mamma non torneranno in tempo. Lo hanno lasciato, in fretta e furia, al portone di casa del nonno, dicendo di andare in vacanza. Non sapevano che, nel frattempo, il nonno era morto. Con la sua valigia e il suo pallone di gomma, Mauro bussa invanno alla porta. Qualche metro più in là, lungo il corridoio semibuio, s’affaccia un vecchio ebreo, Shlomo (Haiut). Sembra burbero, ma sarà lui a prendersi la responsabilità di aver cura del piccolo. La Tv scandisce le cronache delle partite, il Brasile continua a vincere mentre il maggiolino con i genitori non si vede. Eppure Mauro non si stanca di invocarne il ritorno. Dovrà adattarsi nel nuovo universo ristretto, la vecchia casa del nonno abbandonata, un cortile dove giocare con gli amici di Hanna (Piepszyk), una bambina tutto pepe e piena di iniziative, il bar poco distante dove i grandi seguono anche loro alla Tv le gesta di Pelè. C’è anche un ragazzo italiano, che sembra voglia essergli amico. Un giorno Mauro lo vedrà ferito fuggire da qualcuno che lo cerca. Sì, c’è ben altro che non il calcio nel Brasile di quegli anni. La dittatura militare, cominciata nel 1964, era contrastata con crescente impegno da oppositori che venivano perseguitati in tutti i modi, rapimenti, torture, assassinii. Mauro non se ne accorge, avverte soltanto un senso di tristezza per i suoi genitori in “vacanza” e per la solitudine che, tra una partita del Brasile e l’altra, lo rende malinconico. Notevole la bravura del piccolo attore, il cui sguardo “calmo” funziona da “radar” nell’atmosfera di piombo. L’occhio del bambino va oltre la politica, ne trasmette l’angoscia senza nemmeno una parola che la spieghi. Il regista Hamburger, al suo secondo lungometraggio, sa mantenersi “leggero”, sui toni più della commedia che del dramma, bilanciando con sensibilità le emozioni e i turbamenti di Mauro con lo “strano” contesto di un paese che vive lunghi momenti di oppressione. Visto a Berlino 2007.
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Precede il film la proiezione di un corto di 5 minuti, già presentato alla Festa del Cinema di Roma e al Sulmonafilmfestival, dal titolo Lettera d’amore a Robert Mitchum, regia di Francesco Vaccaro. Colpisce la situazione surreale che la bravissima Piera Degli Esposti riesce a trasmettere semplicemente con la verità della propria passione erotica per il divo americano: un amore che dura dagli anni dell’adolescenza, una lettera mai spedita che finalmente l’attrice ci legge, in primo piano, ancora oggi turbata dall’attrazione per quel mito del cinema.
Franco Pecori
6 Giugno 2008