Shoot’em up – Spara o muori!
Shoot’em up
Michael Davis, 2007
Clive Owen, Monica Bellucci, Paul Giamatti, Stephen McHattie, Greg Bryk, Daniel Pilon, Ramona Pringle, Talia Russo.
Quando si legge che un tale film è «uno dei massimi capolavori» di un certo genere di cinema si rischia di non avere più il parametro a cui riferirsi per il giudizio critico. Non perché non si sia d’accordo sul giudizio dato, ma perché il metro esibito suona, di per sé, come un errore elementare di lingua, un po’ come se si dicesse “il più bellissimo dei film”. L’inglese Davis, già autore di Monster man (2003), una commedia horror che pochi ricordano, ha l’aria di voler sostenere l’intento manieristico con una carica di ironia che, mentre denuncia l’uso disinvolto del genere “azione”, aspira ad una propria dignità espressiva. Il problema nasce dalla critica dei “massimi” valori, che legge in Shoot’em up riferimenti a “massimi capolavori”, con l’ intento di sollevare il livello artistico del film. E allora diventa difficile leggere anche l’ironia, chiave che per l’apertura di porte interpretative usa combinazioni complesse. Altro imbarazzo deriva dalla difficoltà della Bellucci a parlare con un normale ritmo corrente. Se non l’avessimo già notato in altre occasioni, rischieremmo di sfiorare l’ipotesi di un sia pur misero tentativo di straniazione recitativa (Brecht ci perdoni), anche considerando gli inserti dialettali (accenti vagamente “napoletani”) che per altri versi suonano incomprensibili. Sgombrato il campo critico dagli ostacoli più vistosi, possiamo goderci la girandola incessante di sparatorie le più fantasiose e divertirci persino a contare le molte decine di morti in un mare di sangue. Fotografia e montaggio costruiscono un’articolazione movimentata, secondo il principio di “attrazione” che non è certo nuovo nel cinema e che, con l’avanzare della pubblicità, ha progressivamente assunto uno stile più “nervoso”. E, non ultimo, il contenuto. Il bravo Owen (The Bourne Identity, Sin City, Inside man) assume il gravoso e strano compito di salvare un neonato, che egli stesso ha visto nascere in situazione estremamente drammatica, intervenendo pistola alla mano a difesa della partoriente inseguita da una squadra di killer. La donna muore e Smith affida il piccolo alla sua amica prostituta, Donna Quintano (Bellucci). Al neonato danno la caccia misteriosi “cattivi” (il ruolo principale spetta a Giamatti), con chiare implicazioni politiche e riferimenti espliciti ai fabbricanti di armi.
Franco Pecori
11 Aprile 2008