Maradona, La mano de Dios
Maradona, la mano de Dios
Marco Risi, 2007
Marco Leonardi, Gonzalo Alarcon, Abel Ayala, Julieta Diaz, Eliana Gonzalez, Juan Leyrado, Pietro Taricone, Norma Argentina, Roly Serrano, Emiliano Kazka.
Riattivazione di mitologie. Il pallone, il numero 10. Il cuore, la cocaina, la camorra. L’infanzia dei diseredati, la gloria del vincitore, i sogni miliardari dell’uomo semplice, la speranza infantile di un popolo meridionale. Caduta e resurrezione. Troppa carne al fuoco? Questo è Maradona, il più grande calciatore del mondo (ma qualcuno dice ancora Pelè), nato col pallone attaccato al piede, ragazzino che dall’Argentina viene trasferito in Spagna e poi in Italia, a fare gol e incantare folle negli stadi col suo tocco magico, mitico, che gli fa vincere praticamente da solo campionati mondiali (contro la nazionale inglese, anche con un colpo, proibito, della mano – mano de Dios), e a Napoli, lo scudetto tricolore. Però il giovane non sopporta la tensione e cede alla droga. Finisce prigioniero di sfruttatori e si riduce in fin di vita. Marco Risi, regista vòlto principalmente al cinema d’impegno sociale (Soldati, Meri per sempre, Ragazzi fuori, Il muro di gomma, Il branco) ha fatto un film che sta a metà tra il documentario e la fiction televisiva, con qualche propensione all’indulgenza spettacolare. Di notizie che della vita di Maradona già non si sapessero, non ve ne sono. Gli spezzoni di repertorio con le vere azioni di gioco sono nelle videoteche di ogni appassionato di calcio. La problematica della droga è più rappresentata che indagata. L’amore per la propria famiglia era già tutto nel volto, nello sguardo ridente e appassionato del vero Maradona, che abbiamo visto più di una volta alla Tv, nelle interviste in cui accennava alla sua Claudia e alle sue bambine. E allora il film, tanto per riconfermare il mito, in vista, magari, di un mitologico ritorno a Napoli, al di là di Calciopoli, al di là di tutto.
Franco Pecori
30 Marzo 2007