Generazione 1000 euro
Generazione 1000 euro
Massimo Venier, 2009
Fotografia Italo Petriccione
Alessandro Tiberi, Valentina Lodovini, Carolina Crescentini, Francesco Mandelli, Francesco Brandi, Francesca Inaudi, Paolo Villaggio, Roberto Citran, Lucia Ocone, Natalino Balasso, Steffan Boje, Demian Sabini, Toni Mazzara, Luigi Ferrario.
Barcellona o Viterbo? Il marketing o la matematica? Matteo (Tiberi) dovrebbe scegliere. Ha 30 anni, all’università è stimato dal suo maestro (Villaggio) prossimo alla pensione ed è in attesa di un dottorato che non arriva (troppi “nipoti” nei concorsi). Intanto, tira avanti con i contratti a tempo in una società di marketing. È un lavoro che disdegna, ma quando su di lui cadono gli occhi di Angelica, una “capo” bionda e spregiudicata (Crescentini), qualche prospettiva di sistemazione Matteo comincia a intravederla. A Barcellona, per esempio. Sebbene l’azienda sia sull’orlo del crollo, Angelica, che non è un angelo, proprio dalla crisi saprà trarre il massimo vantaggio. Non solo per sé, se Matteo vorrà. La tentazione è forte. Il legame con Valentina (Inaudi), assorbita dal suo lavoro di medico, non funziona più. Squattrinato e incasinato su tutti fronti il trentenne vacilla. È stufo di dividere, come uno studente, l’appartamento che cade a pezzi con l’amico Francesco (Mandelli), spiritoso, appassionato di playstation e destinato forse a restare proiezionista al cinematografo. E però, da un po’ di tempo è capitata in casa da Todi un’inquilina inattesa e in attesa di supplenza. Innamorata del greco antico, votata all’insegnamento, Beatrice (Lodovini) è già contenta di ottenere un incarico di qualche mese a Viterbo. Per Matteo la scelta si presenta davvero dura. Far sembrare vere le bugie dei professionisti del marketing oppure inseguire il sogno della matematica e l’amore sincero di una brava ragazza? Venier (Chiedimi se sono felice, Tu la conosci Claudia?) insiste sulla strada della commedia di situazione approfondendo progressivamente le sue capacità di osservazione e di sintesi. Coglie bene alcuni aspetti della vita attuale senza limitarsi alla macchietta o alla metafora facile, osserva i caratteri e con tocchi rapidi costruisce i personaggi. Nel film ciascun ruolo, anche il più piccolo, ha una sua complessità ed offre un qualche spiraglio alla riflessione. Uno per tutti il “professor” Villaggio, con l’attore bravissimo a dare tutto se stesso in una sorta di “messaggio finale” (faccia pure gli scongiuri) racchiuso in poche essenziali inquadrature. Tutto bene, ma per favore bisognerà decidersi a fare a meno della fastidiosa “voce narrante” che spiega e tematizza. Non è necessaria e rischia, con la riduzione del racconto a tipicità televisiva (il pubblico va guidato, assistito, gli va suggerita l’interpretazione più semplice, più vicina all’ovvio!) di uccidere il senso del film, la sua probabile ricchezza artistica. Lasciate stare la “generazione” e godetevi i personaggi non per ciò che “rappresenta” ma per ciò che ciascuno di essi è.
Franco Pecori
24 Aprile 2009