Il sogno di Francesco
L’ami – François d’Assise et ses frères
Regia Renaud Fély, Arnaud Louvet, 2016
Sceneggiatura Arnaud Louvet, Renaud Fély, Julie Peyr, Elizabeth Dablemont
Fotografia Léo Hinstin
Attori Elio Germano, Jérémie Renier, Yannick Renier, Éric Caravaca, Marcello Mazzarella, Stefano Cassetti, Thomas Doret, Alba Rohrwacher, Olivier Gourmet.
Prendiamo per buono il titolo italiano. Francesco d’Assisi, il santo patrono d’Italia, era un sognatore? Il termine, applicato a persone comuni, connota generalmente qualità umane vaghe e fa pensare a qualcuno che sia un po’ “fuori dalla realtà”. E si è disposti ad ammirare certe qualità, a patto che, nel complesso, la persona rientri fondamentalmente nel sistema in cui vive. Ora, si può anche fare finta di niente, ma se si pensa a un uomo denudato di ogni possesso materiale, un uomo che cammina a piedi nudi per la natura verde, coperto da un rudimentale saio, si nutre con ciò che trova e prova al massimo a zappettare la terra per coltivarne i frutti strettamente necessari; e si ferma a sorridere a un uccellino che gli si posa sulla spalla e si rivolge al Signore ringraziandolo non solo per tutti i doni ricevuti, il sole, la luna e le stelle, il vento, l’acqua, il fuoco, i fiori della terra, ma anche per le sofferenze fisiche e per la “sora morte corporale”; se si pensa a un uomo così, non si può non pensare anche a un mondo del tutto diverso da quello che da sempre, dopo la “chiusura” del Paradiso Terrestre, ci ospita e in cui combattiamo per le nostre vite. Un mondo diverso significherebbe per forza di cose, un mondo senza proprietà e senza poteri, giacché non si può non sapere che l’elemosina non risolve i problemi dei rapporti di produzione e del relativo mercato. Storia e immaginario (cultura) si fondono in un disegno poetico, in sostituzione di tracciati verificabili ed ecco la figura di Francesco assumere il volto di Elio Germano. La santità sognata del frate è risolta in una dolce chimera poetica, che vive e dura finché vive il corpo, sia pure un corpo martoriato, alla fine, da infezioni e ferite. Il sogno di una Regola di vita essenziale e rispettosa dell’esempio del Signore rimane da sognare ancora, nell’immortalità del Cantico di Frate Sole e nonostante l’opposizione originaria della Chiesa. Si era a rischio di eresia. Ma il titolo originale francese, si traduce: L’amico – Francesco d’Assisi e i suoi fratelli. E la lettura del film diviene articolata diversamente. Francesco si aggira a piedi per la campagna seguìto da un piccolo gruppo di frati. C’è Domenico e ci sono Leone, Rufino, Bonizio, Stefano, ciascuno col suo carattere, pronti a dare una mano nelle faccende e a dialogare sulla Regola che intanto si va conformando e che dovrà essere sottoposta al Papa Innocenzo III. E c’è Elia da Cortona, il più vicino a Francesco, incaricato di riscrivere il testo e di modificarlo in modo che sia accettabile dal Pontefice. Siamo nel 1209, difficile far passare l’idea che per un frate sia lecito disubbidire, tanto più che la predicazione del “poverello” comincia ad avere un certo successo e ad estendersi. Il rapporto con Elia è particolarmente intenso, ciascuno dei due frati lo vive col proprio carattere, arriveranno, dopo un momento decisamente drammatico per Elia, anche a separarsi per poi ricongiungersi quando Francesco sarà praticamente in fin di vita. Magistrale l’espressione di Germano nel rivedere l’amico dopo la lunga assenza. E di grande bravura la gestione complessiva del personaggio, dolcissimo nell’estetica (aisthesys, sensazione, il sentire) e fermo nella posizione di principio. Compare a tratti la figura di Chiara (Alba Rohrwacher), sorella amorevole e comprensiva, assisterà Francesco fino alla fine e canterà insieme a tutti gli altri il Cantico nella scena di chiusura, scura ma non oscura.
Franco Pecori
6 Ottobre 2016