La complessità del senso
06 06 2023

The Fabalmans

The Fabelmans
Regia Steven Spielberg, 2022
Sceneggiatura Steven Spielberg, Tony Kushner
Fotografia Janusz Kaminski
Attori Michelle Williams, Paul Dano, Seth Rogen, Gabriel Labelle, Judd Hirsch, Jeannie Berlin, Julia Butters, Robin Bartlett, Keeley Karsten.
Premi Toronto 2022: People’s Choice.

“Telefono Casa”, diceva ET nel 1982. Nel 2022 dice: “Treno Cinema”. Metaspielberg. Steven Spielgerg percorre sentieri essenziali, sublima flash e desideri primari. Il Treno Lumière arriva ancora, oggi nella memoria del trenino elettrico, dono sognato e arrivato in casa per la Festa ebraica dei Lumi, Chanukkah, grazie a papà Burt (Paul Dano), il papà che vuole felice il suo bambino Sammy (Gabriel LaBelle). Gennaio 1952, New Jersey. Il piccolo, con la mamma Mitzi (Michelle Williams) e con Burt, entrano a vedere Il più grande spettacolo del mondo (Cecil B. DeMille, 1952). La scena del disastro ferroviario si stamperà nella mente di Sam. Nella prima prova col nuovo giocattolo sarà quell’impatto a venire riprodotto. In più, Burt ha l’hobby dei filmini con la cinepresa super8. Il figliolo ne è attratto. Non resta che mettere insieme i pezzi ed ecco che la storia della famiglia Fabelmans diviene il racconto della passione per il cinema, coltivata da Sam fino a ET e oltre. Vediamo le tappe attraenti del crescere e determinarsi dell’attrazione tecnica e fantastica nell’immaginazione del ragazzo e del giovane – arriverà anche la Arriflex, oggetto mitico, per le riprese sempre più evolute – fino a che si aprirà per lui la porta dell’ufficio di John Ford – per noi, la lezione di cinema classico più emozionante e illuminante. Ford (David Lynch) accende il suo sigaro, sui muri della stanza scorre la panoramica con i manifesti di StagecoachHow Green Was My Valley, The Searchers, The Grapes of Wrath, The Quiet Man, The Man Who Shot Liberty Valance. Ford sintetizza l’idea del cinema classico con tre domande secche al giovane. Non stiamo a ripeterle, è il momento di più intensa suspense di tutto il film. Le risposte saranno giuste, Sam potrà fare i film che da sempre ha sognato. Sono molti i nomi, anche “grandi”, del cinema del secolo a venire che non ci sovvengono. Sam/Steven ne potrà fare a meno. Il regista punta piuttosto a tener fede alla corrispondenza profonda tra arte ed esperienza, tra il suo cinema e la sua propria vita di giovane in crescita e di uomo appassionato al cineocchio come forma umana. Spielberg ci racconta le fasi della propria evoluzione personale, estraendo dal flusso biografico i momenti in cui più netta è la corrispondenza tra avventura personale e progressiva coscienza del mezzo. Assistiamo alla nascita di un cinema che non può che essere intimo e oggettuale, nel rapporto tra eventi famigliari, esperienza di vita, progressiva consapevolezza nella gestione del rapporto vita-produzione di senso. Vediamo come l’occhio della cinepresa possa rivelare, anche incidentalmente, dettagli intimi di persone vicine (nel caso, un momento nell’evoluzione sentimentale della stessa madre di Samy, “grande pianista” mancata e donna repressa e disponibile al sentimento) e, d’altra parte, fare tesoro dell’esperienza stereotipa del “cinema visto” per l’evoluzione personale sulla traccia sicura di un’arte non stravagante. Fondamentale il consiglio dello zio “pazzo” (Judd Hirsch, grande nella difficile “particina”) al nipote appassionato nelle riprese dei suoi piccoli film. L’arte può/deve trasgredire, a volte, i percorsi del sentimento “sicuro”, può richiederne il sacrificio in nome di traguardi più veri, necessari. Clown e acrobati, elefanti e trucchi fantastici? Anche, ma sarà questione di crescita, l’occhio resterà vigile.  [Designato “Film della critica” dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani]

Franco Pecori

 

 

 

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22 Dicembre 2022