Paradiso amaro
The Descendants
Alexander Payne, 2011
Fotografia Phedon Papamichael
George Clooney, Judy Greer, Shailene Woodley, Matthew Lillard, Beau Bridges, Robert Forster, Mary Birdsong, Amara Miller, Matt Corboy, Milt Kogan, Patti Hastie, Scott Michael Morgan, Cecilia Kennedy, Linda Rose Herman, Barbara L. Southern, Melissa Kim, Matt Esecson, Rob Huebel.
Paradiso ingannatore. Da lontano, dalla storia degli antenati è arrivato il dono di una terra meravigliosa, di colline verdi e di mare azzurro, di spiagge bianche e di fiori, di squali che accompagnano le tue gite in barca, di feste che rallegrano le tue sere in vacanza. Un dono che ti rende felice, una vita beata alle Hawaii. Ma non è il paradiso dolce che ti puoi immaginare. L’avvocato Matt King (George Clooney) ha sangue hawaiano e ha quasi dimenticato l’origine della sua fortuna, vive a Honolulu e lavora a gestire la terra di famiglia che ha trasformato in oasi turistica, ha una famiglia – moglie e due figlie – di cui spesso si dimentica. E un sasso all’improvviso gli piomba sulla testa, lo vediamo nella prima sequenza: una donna sorridente e felice scivola sulle onde trainata da un motore. Stop. Il coma non la lascerà più. Quella moglie priva di conoscenza sveglia Matt dalla sua distrazione di marito e di genitore, si apre un tunnel dal quale uscirà solo dopo aver superato dure prove psicologiche e di relazione. Deve anzitutto ri-conoscere le sue bambine. Scottie (Amara Miller) ha 10 anni e un carattere che la fa sembrare più matura rispetto alla sua età, Alexandra (Shailene Woodley) ha pure lei una personalità evoluta, tendente alla piena autonomia, soprattutto dal padre. A 17 anni la ragazza porta già con sé il segreto che ha reso negli ultimi tempi difficile il rapporto tra i propri genitori e, di fronte alla drammatica situazione della madre Elizabeth (Patti Hastie) in fin di vita, sente di dover confessare a Matt una verità per lui sconvolgente: sua moglie lo tradiva. Ci si perdonino i dettagli del racconto, che potrebbero sembrare inutili, ma proprio l'”incidente” ha una valenza strutturale, determinante non solo per la trama in sé bensì per il modo in cui il regista la svolge. Alexander Payne è autore di film “leggeri” e complessi (A proposito di Schmidt, Sideways – In viaggio con Jack) il cui contenuto non è troppo semplificabile senza il rischio di una grave perdita di senso. Il fatto che qui Clooney sia bravissimo, lavorando per sottrazione, ad armonizzare la componente umoristica/ironica con la base drammatica della vicenda non deve ridurre il film a commediola dalle piccole stravaganze semivacanziere, dove una pseudoantropologia esotica “ospiterebbe” con benevolenza il paradossale dramma di un padre (bello e simpatico) alle prese con i dislivelli generazionali. O cose di questo genere, come può sembrare dal trailer, incredibilmente distante dallo spirito, dallo stile, dal contenuto di questo Paradiso amaro, il cui titolo originale, del resto, indica in modo inequivocabile la chiave di lettura primaria del film (tratto dal romanzo della scrittrice hawaiana Kaui Hart Hemmings). La discendenza di Matt King dalla Principessa Margaret Ke’alohilani innamoratasi del suo banchiere straniero Edward King colloca la “sorpresa” del tradimento di Elizabeth e del segreto rivelato dalla figlia Alexandra in una prospettiva non riducibile a quadruccio comico. E infatti Clooney è chiamato a comprendere in sé, nella sua espressione, nei suoi “tempi”, nei suoi comportamenti anche minimi, il contrasto interno dell’incomprensione famigliare con il portato storico di un tradimento che va in qualche modo risarcito e riscattato anche obbiettivamente. Ed è così che nel dolore intimo e “inesprimibile” specie per lo stato di incomunicabilità con Elizabeth s’innesta il disagio verso la comunità parentale degli altri discendenti. Una folla di cugini attende la decisione di Matt circa la vendita della proprietà, già prospettata da tempo e ora, però, resasi problematica per via che l’acquirente dovrebbe essere nientemeno che l’amante di Elizabeth. Non riveliamo il finale, ma certo sono intanto degne della finezza di Payne le scene della ricerca dell’uomo e, in parallelo, del progressivo avvicinamento di Matt e delle due figlie al “corpo” della donna in coma, la quale può ormai soltanto “ascoltare” le estreme confessioni. Intimità e quadro storico si fondono in un equilibrio di sapienza cinematografica.
Franco Pecori
17 Febbraio 2012