Quando tutto cambia
Then she found me
Helen Hunt, 2007
Helen Hunt, Bette Midler, Colin Firth, Matthew Broderick, Ben Shankman, Lynn Cohen, John Benjamin Hickey, Salman Rushdie, Janeane Garafolo, Tim Robbins, Edie Falco.
Adottata, non vuole adottare. Ma se tutto cambia… April (Hunt) ha a che fare tutti i giorni con i bambini della scuola in cui insegna e vorrebbe tanto essere madre anche lei. Le speranze però vanno attenuandosi mentre l’età avanza. E mentre cerca in tutti i modi di non trasferire su un altro piccolo essere il destino che è toccato a lei, di sentirsi, in quanto adottata, diversa dal vero figlio della sua madre adottiva, l’anziana donna muore e April si trova ad affrontare la propria crisi matrimoniale, col marito (Broderick) che le confessa di essere stato con un’altra. Combinazione vuole che un altro uomo si affaccia nella vita di April. E’ Frank (Firth), il padre di un alunno, anch’egli in crisi matrimoniale. Ma non basta. Spunta anche Berenice (Midler), strana protagonista di talk show televisivi, la quale sotiene di essere lei la vera madre di April. confesserà di averla abbandonata per egoismo: «Ho voluto la mia vita più di quanto non volessi te». Helen Hunt, esordiente come regista (da attrice la ricordiamo, tra l’altro, in Bobby, La maledizione dello scorpione di giada, Quello che le donne vogliono), evita il rischio della banalità perseguendo con intelligenza la via senza scorciatoie di una sceneggiatura attenta ai diversi risvolti del romanzo di Elinor Lipman, Then she found me, da cui trae linfa. Il resto viene dalla perfetta scelta del cast, con gli attori ben calati nei ruoli e perfetti nel seguire il giusto respiro delle scene. Hunt, da parte sua, dirige lasciando alle parti tutta la loro consistenza “esistenziale”, riducendo la tipicità e valorizzando i dettagli fin quasi a lasciar sembrare che l’improvvisazione sia dominante (bravissimo Colin Firth). Sicché la problematica sociologica dell’adozione mantiene una sua presenza discreta senza però attenuare la soggettività dei personaggi, i loro umori, le loro ragioni intime, l’evoluzione dei loro sentimenti. L’intreccio non scade nel meccanico. Al centro dell’interesse resta la sostanza umana dei personaggi, seguendo la quale vediamo emergere e progredire il cambiamento che porterà al finale. Non un semplice happyend bensì la conclusione provvisoria di una vicenda non semplice. Ci sentiamo persino liberi di immaginarne altre evolusioni.
Franco Pecori
6 Giugno 2008