Halloween – The Beginning
Halloween
Rob Zombie, 2007
Tyler Mane, Daeg Faerch, Sheri Moon Zombie, Malcolm McDowell, Brad Dourif, Danny Trejo, Scout Taylor-Compton, Danielle Harris, Kirstina Klebe, Hanna Hall, Willian “Bill” Forsythe, Adam Weisman, Daryl Samara.
Dall’inizio. In principio era la psicoanalisi. A 30 anni dal capolavoro horror di John Carpenter (Halloween-La notte delle streghe – ma il film più bello di Carpenter resta 1997, Fuga da New York –), Rob Zombie (La casa dei mille corpi, La casa del diavolo), come spesso si usa per questo genere di film, risale alle origini della storia per spiegarne le ragioni chiaramente psicoanalitiche. Ma il racconto perde di mordente. Preparati all’impatto delle stragi forsennate di Michael Myers, dobbiamo attendere un buon terzo del film prima di assistere, “inorriditi”, all’esplosione “irrazionale” (ma ormai comprensibilissima) della violenza inconsulta. L’emozione, se così si può dire, risulta attenuata; tuttavia, siccome il limite della spettacolarizzazione degli sfraceli s’è andato avvicinando negli anni al limite massimo di tollerabilità (un buon contributo è dato dagli effetti sonori sempre più aggressivi), un pizzico di ragionevolezza nella “lettura” finisce per non guastare. Mentre seguiamo il mostruoso e gigantesco Myers (Mane) perseguire la sua macelleria progressiva, non ci abbandonano le scene iniziali dell’infanzia, di quel bambino (Faerch) che mal sopporta la vita in famiglia, con la madre spogliarellista (Moon Zombie), con un uomo (Forsythe) che non è suo padre, beone e violento, con una sorella più grande (Hall) che lo fa ingelosire; quel bambino che soffre per l’impietoso trattamento che gli riservano i piccoli compagni crudeli, quel bambino che si diverte a uccidere gli animali e a metterli nel sacco. Michael mal sopporta la propria condizione e si copre il volto con una maschera di Halloween. Poi 17 anni di carcere psichiatrico. Lo assiste il Dott. Loomis (geniale la scelta di McDowell, non dimenticato attore di Arancia meccanica, per il ruolo che nel 1978 fu di Pleasence), l’unica persona che fin dall’inizio ha saputo parlare con Michael. Poi, stanco di vivere “in simbiosi” con lo psicopatico, Loomis lo saluta. E comincia la fine. Si esce quasi con un senso di colpa, per la consapevolezza che gli orrori appena visti sono verosimili e che per salvarcene dovremmo fare tutti molto di più. Altro che “paura”.
Franco Pecori
4 Gennaio 2008