28 settimane dopo
28 weeks later
Juan Carlos Fresnadillo, 2007
Robert Carlyle, Rose Byrne, Jeremy Renner, Harold Perrineau, Catherine McCormack, Mackinosh Muggleton, Imogen Poots, Idris Elba, Emily Beecham, Garfield Morgan, Amanda Walker, Shahid Ahmed, Philip Scott.
Ripensamento orripilante del destino dell’umanità, preda del virus rabbioso che trasforma gli infetti in avidi cannibali, non più trasognati “morti viventi” (Romero, 1969) ma furie fulminee assetate di sangue. Si riparte dal finale “aperto” di 28 giorni dopo (Danny Boyle, 2003). La Gran Bretagna è messa in quarantena e poi autodistrutta dal ritorno del virus. Nella tragica desolazione, l’occhio dello spagnolo Fresnadillo zumma su Don Harris (Carlyle). Don lascia la moglie Alice (McCormack) in balìa dei rabbiosi e fugge per la campagna. Alle due figlie, Andy (Muggleton) di 12 anni e Tammy (Poots) di poco più grande, racconterà di averla vista morta. La ritroverà, infetta e sotto controllo dell’autorità sanitaria. La bacerà, ne subirà il contagio e scatenerà un nuovo diluvio – Quando il Male entra nella famiglia. Ondeggiando tra suspence ed effetto horror, il regista lascia la metafora originaria del film di Boyle, in cui il contagio, conseguenza dell’antianimalismo, si era trasmesso dagli scimpanzè all’uomo, e si àncora alle sorti di un padre, di una madre e di due figlie, scaturigine di sciagure universali. I militari statunitensi, al comando della Nato, fanno la loro parte, perdendo il controllo della situazione, sparando all’impazzata sulla folla senza più distinguere gli infetti dai sani e bruciando tutto con bombe incendiare e avvelenando buoni e cattivi con le armi chimiche. Chi non ha pensato all’Iraq alzi la mano. Nonostante l’impiego dei mezzi, la bonifica fallisce. Fallisce la “ricostruzione” di Londra e della civiltà che quella metropoli rappresenta. Attenzione, però. Il futuro dipende ancora dai destini dello sciagurato Don e delle sue figlie. In un ultimo incontro “disumano”, Andy respinge l’assalto del padre. L’eroismo eccezionale del sergente Doyle (Renner) – uno buono ce n’è -, che ha salvato le ragazze dai gas asfissianti, sembra aver dato buoni frutti. Anche l’onore della truppa è salvo. Ma non è finita. Nella sequenza finale, in elicottero attraverso la Manica, Andy, che teme di essere rimasta contagiata, chiede a Tammy: «Sono una di loro?» e, mentre il viaggio sta per concludersi, in vista della Tour Eiffel, una voce fuori campo preannuncia il seguito: «Pronto, mi sentite? Abbiamo bisogno di aiuto…». Ingenuo nei passaggi nodali della sceneggiatura, quasi brutale nelle allusioni alle vicende del mondo contemporaneo, il film si lascia vedere per le sequenze spettacolari, nonostante l’uso della macchina a mano, renda a tratti lo stile inutilmente giornalistico.
Franco Pecori
28 Settembre 2007