Barbie
Barbie
Regia Greta Gerwig, 2023
Sceneggiatura Greta Gerwig, Noah Baumbach
Fotografia Rodrigo Prieto
Attori Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Kate McKinnon, Michael Cera, Ariana Greenblatt, Issa Rae, Rhea Perlman, Will Ferrell, Ana Cruz Kayne, Emma Mackey, Hari Nef, Alexandra Shipp, Kingsley Ben-Adir, Simu Liu, Ncuti Gatwa, Scott Evans, Jamie Demetriou, Connor Swindells, Sharon Rooney, Nicola Coughlan, Ritu Arya, Helen Mirren.
Fare i conti con lo Stereotipo è compito che può uccidere. Quando Pinocchio, il bugiardo di Collodi a cui s’è pensato, vince la lotta contro l’imitazione e smette di essere di legno, si compie la sua ricerca di morte. Per Barbie la radice è nel monolite di Kubrick (1968), geniale metafora metastoricistica che apre il film della Gerwig e sola possibilità di contrasto alla falsa perfezione del vivere e del morire (ammazzàti). Barbie (Barbara Millicent Roberts, la bambola stereotipo della Mattel, 1059), si cimenta col cinema e sbaglia indirizzo. Inutile la sua ansia di finire – “Hai mai pensato alla morte?” è la domanda improvvisa che emerge dal Profondo Rosa -, il contatto con gli umani non potrà essere “veritiero”. L’unico modo per evitare la morte (incubo emerso da un soprassalto inconscio tutto da indagare, un domani magari facendo i conti con Gpt) è cancellare dalla lavagna la parola Fine e convergere ad U nel mondo dell’Esplicito, a Los Angeles. Il consiglio è della Weird Barbie, bambola “strana” dal talento non tanto giustificato. Lo Stereotipo come reazione al Metaverso? Greta Gerwig (Lady Bird 2017, Piccole donne 2019 due lavori seri) sembra rispondere, senza speranza di dialogo autentico, alla proposta di viaggio neo-neo-realistico, lanciata da Evelyn Wang (protagonista di Everything Everywhere All At Once) e premiata con l’Oscar. La cura del “Reale” non funzionerà per Barbie. Quando il peso del corpo si manifesta in un subitaneo precipizio e il piede a spillo si appiattisce orribilmente al suolo, il mondo bambolesco risulta irrecuperabile attraverso il semplice e “sfacciato” trapasso nella vita “umana”. Quindi, unica cura sarà la cura impossibile, l’inversione stereotipata nello Stereotipo, nella Finzione. Il ginecologo californiano (Cinema fattore?) del finale è ancora di più lo stereotipo basico, radice del film, che non un indicatore prospettico. Potrà essere divertente, anche istruttivo, purché la lezione trapassi il gradevole senso “estetico” e prenda corpo un senso della Storia. Non determinata tutta la parte maschile del film, specie nel ruolo di Ken (Ryan Gosling), uomo-senza, dal previsto e non riprevedibile destino di parità.
Franco Pecori
20 Luglio 2023