Welcome
Welcome
Philippe Lioret, 2009
Fotografia Laurent Dailland
Vincent Lindon, Firat Ayverdi, Audrey Dana, Derya Ayverdi, Thierry Godard, Selim Akgül, Firat Celik, Murat Subasi, Olivier Rabourdin, Yannick Renier, Mouafaq Rushdie, Behi Djanati Ataï.
Berlino 2009, sezione Panorama. Premio del pubblico.
Il film di Lioret, Premio Lux 2009 del Parlamento europeo, più che da una “storia vera” nasce da una situazione vera. La legge francese sull’immigrazione punisce con cinque anni di carcere chiunque dia aiuto ai clandestini (articolo L622/1). Di conseguenza è stata messa sotto inchiesta anche l’organizzazione umanitaria Emmaüs. E forse ancor più interessante può considerarsi l’implicito incitamento dei singoli cittadini alla delazione. In particolare, la città di Calais, affacciata sulla Manica di fronte alla costa inglese, si presta al paragone con la cosiddetta frontiera messicana. In America il flusso irregolare di persone verso gli Stati Uniti, in Francia verso l’Inghilterra. Welcome è la storia del sogno d’amore di un giovane curdo, Bilal (Firat Ayverdi), che vuole raggiungere a Londra Mina (Derya Ayverdi), la ragazza di cui cui è innanorato e che l’attende mentre il padre le combina il matrimonio con un cugino. Bilal ha lasciato l’Iraq ed è passato avventurosamente attraverso l’Europa. Arrivato a Calais, non riescere a nascondendosi nei Tir come altri suoi “compagni di viaggio”, ma non si rassegna, raggiungerà la mèta a nuoto. Non è un esperto nuotatore ma prenderà lezioni. È in piscina che la storia di Bilal s’intreccia con quella dell’istruttore Simon (Lindon), il quale tenta dapprima di scoraggiare Bilal – dieci ore nell’acqua a 10 gradi: impresa impossibile! – e poi sente che “deve” dare una mano al ragazzo. Proprio mentre si sta separando dalla moglie Marion (Dana), impegnata nel volontariato, Simon vede in Bilal il modo per riscattarsi dalla propria indifferenza. In fondo, la sua e quella del giovane immigrato sono due storie d’amore, due amori da salvare. Il lato neoromantico (la musica è di Nicola Piovani) viene contenuto dalla regia di Lioret nei limiti di una discrezione poetica apprezzabile nello stile non insistito, grazie anche alle giuste interpretazioni dei protagonisti. L’ambientazione realistica non esclude il tratto interiore, ma induce il racconto a tener fermo il punto di vista. Simon, pur di ritrovare la propria umanità affronterà anche il rischio della prigione.
Franco Pecori
11 Dicembre 2009