30 giorni di buio
30 Days of Night
David Slade, 2007
Josh Hartnett, Melissa George, Danny Huston, Ben Foster, Mark Boone Junior, Mark Rendall, Amber Sainsbury, Manu Bennet, Megan Franich.
Vampiri così non li avete mai visti. Al suo secondo film (Hard Candy, è del 2005), l’inglese Slade (il film è una coproduzione neozelandese/statunitense, di Sam Raimi e Rob Tapert) tenta una “rifondazione” dei misteriosi esseri assetati di sangue umano e amici delle tenebre. Obbiettivo ambizioso, ma giustificato dall’orrenda invasione di sanguinolenti horror che hanno ridotto ultimamente il genere ad un gioco meccanico a una dimensione. A cominciare dalle unghie, i vampiri che popolano la cittadina di Barrow (Alaska) durante il mese senza sole che ogni anno sopravviene fanno pensare al Nosferatu di Murnau (1922). Secondo elemento culturale è il linguaggio, quasi inarticolato eppure espressivo di giudizi morali sugli uomini. Siamo in presenza di vampiri “filosofi”, tanto che il regista ha ritenuto opportuno tradurre in sottotitoli il loro “pensiero”. Sostanzialmente si tratta di pesanti condanne della storia umana. Durante le loro cacce notturne in cerca di sangue, il capo dei vampiri dell’Alaska (Huston) si sofferma a considerare le ragioni che “giustificano” l’irrefrenabile ferocia. Interessante è anche l’idea di ambientare la storia nel paesaggio bianco e gelido in cui soltanto poche persone riescono a vivere stabilmente, mèta mitica e sempre più spesso agognata per il viaggio verso un incontaminato e fiabesco futuro (ultimo riferimento, Into The Wild): proprio lì la sorpresa di un nemico inaspettato e proprio in forma di “punizione” storica. Quarto elemento di merito la scelta di Slade di non puntare troppo nettamente sulla “paura” in senso convenzionale ma di lasciare espandersi il terrore in maniera quasi normale, come se l’incubo fosse nel respiro delle cose e perfino nelle condizioni ambientali. Nel film tratto dai libri di fumetti di Steve Niles e Ben Templesmith, sono essenziali le location e la scenografia non meno dell’uso moderato degli effetti. Un orrore “naturale” ci perseguita in un inferno sulle cui radici siamo invitati a interrogarci. Quanto alle relazioni interpersonali, non sono stereotipe ma realistiche e mantenute dentro le righe. La tessitura dei sentimenti si sviluppa in modo uniforme, senza sussulti particolari ma con esiti verosimili. Non mancano peraltro momenti di pathos per il destino plumbeo che investe i personaggi. I due protagonisti, Eben, il giovane sceriffo di Barrow (Hartnett), e la moglie Stella (George), hanno il compito difficilissimo di far fronte alle drammatiche novità che colpiscono la cittadina e, insieme, di recuperare il loro rapporto andato prima ancora del sopraggiungere del “buio”. Eben metterà eroicamente in gioco la propria vita mentre il sole sta finalmente per risorgere. Qui ci fermiamo per una questione di galateo.
Franco Pecori
8 Febbraio 2008