No – I giorni dell’arcobaleno
No
Regia Pablo Larraín, 2012
Sceneggiatura Pedro Peirano
Fotografia Sergio Armstrong
Attori Gael Garcia Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Luis Gnecco, Marcial Tagle, Néstor Cantillana, Jaime Vadell, Pascal Montero.
Premi Cannes 2012, Quinzaine des Réalisateurs: Film.
Una legge che istituisce e poi regola la possibilità di referendum o di plebiscito, quando passa dalla carta all’applicazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa, viene da questi trasformata secondo le leggi specifiche che regolano il funzionamento massmediologico. E così gli intenti della politica possono venir sottomessi alla “dittatura” dei massmedia. La riflessione appartiene ormai al senso comune. Certi criteri di base fanno parte delle prime lezioni di qualsiasi corso universitario che si occupi di tali tematiche, sia a livello tecnico che sociologico e/o culturale. Il merito del regista cileno Pablo Larraín (Fuga 2006, Tony Manero 2008, Post Mortem 2010) è non tanto nell’aver suscitato riflessioni sulla potenza persuasiva dei mezzi di comunicazione, quanto nell’aver utilizzato forme non volgari per un consensuale “stupore” che può provenire dalle platee più “avvedute”, come ve ne sono specialmente nei festival del cinema. Negli anni ’80 il dittatore cileno Augusto Pinochet spinse la sua presunzione fino al tentativo di appellarsi al plebiscito per confermare la “legittimità” del proprio potere. Ma non era sufficientemente preparato nella gestione dei massmedia, soprattutto sul versante del linguaggio pubblicitario. La pubblicità – lo sanno bene coloro che la praticano e coloro che la studiano e non lo sanno abbastanza coloro che ne fruiscono – non è mai “contro”, non fa che raccogliere sensazioni, idee, modi di fare e di dire e insomma la visione attuale delle cose al fine di ritrasmetterla, moltiplicandone in forma esteticamente “attraente” le derivazioni persuasive in funzione di “vendita”. Il gioco è spesso sul filo del rasoio, non sono poche le campagne pubblicitarie che non colpiscono il target. Larraín racconta di un caso, estremo dal punto di vista del risultato e tuttavia – stando al metodo utilizzato dai pubblicitari – ovvio proprio nel risultato. Nel 1988, il giovane pubblicitario René Saavedra ideò e organizzò la campagna del “No” nella battaglia referendaria del regime cileno e contribuì decisamente all’affermazione degli oppositori utilizzando il “linguaggio” avverso. Normale: la pubblicità non si occupa della “giustezza” dei contenuti se non per la vendita del prodotto. Lo spettatore può qui verificare il semplice principio interno all’advertising. Il regista, con l’aiuto dell’efficace interpretazione di Gael Garcia Bernal (attore caro ad autori come Iñárritu, Almodóvar, Babenco), utilizza mezzi “agili” e “poveri” (telecamera e repertorio d’epoca) per costruire il senso di una novità “altra” (democrazia) che proviene dall’interno stesso del proprio contrario (dittatura), tramite l’uso strategico della filosofia di vendita. E le parti più interessanti del film, più che le “spiegazioni” dialettiche e l’impatto ancora impressionante delle figure “nere” di tempi da non dimenticare, sono i momenti in cui lo spettatore “sente” arrivare il risvolto del racconto, avverte il paradosso di una realtà “comunicazione” che ha la forza di mutare il destino di realtà fuori da sé. Una bella lezione ai politici d’oggi? Non solo questo – che sarebbe di per sé non stravolgente, dato il risaputo livello culturale mediocre nei riguardi dei linguaggi -, ma soprattutto un uso non-predicativo della pratica estetica – novità vera oggi, in vista di panorami offuscati dal continuo rifacimento, pane quotidiano della pubblicità.
Franco Pecori
9 Maggio 2013