La complessità del senso
03 06 2023

Babylon

Babylon
Regia Damien Chazelle, 2022
Sceneggiatura Damien Chazelle
Fotografia Linus Sandgren
Attori Margot Robbie, Brad Pitt, Diego Calva Hernández, Tobey Maguire, Jean Smart, Olivia Wilde, Samara Weaving, Katherine Waterston, Eric Roberts, Max Minghella, Jennifer Grant, Jeff Carlin,Lukas Haas, Jovan Adepo, Li Ruijun, Flea , Olivia Hamilton, P.J. Byrne, Rory Scovel, Ehan Suplee.

Hollywood anni ’20. Si gira un film. Nellie LaRoy (Margot Robbie) ha in testa di diventare una stella del cinema. Il fisico lo ha, la grinta pure. Il suo amico messicano, Manny (Diego Calva) non gliela fa, sarà assistente – parola che ha poco senso finché non si è sul set a vedere cosa può succedere. Il cinema è una favola, eccolo il divo: Jack Conrad (Brad Pitt). Scene di massa. In ogni momento si esagera, ad ogni ciack una babylonia. Droga, sesso e tutto il resto. La troupe ribolle. Nell’orgia anche un elefante. Dall’ordine romantico del musical mainstream (La La Land 2016) alla confusione di Babylon. Figure erano Ryan Gosling ed Emma Stone, figure sono Margot Robbie, Diego Calva, Brad Pitt (acrobatico nell’alcol e malefico verso di sé). Confusione. Nella confusione non c’è “personaggio”. La differenza è tematica, strutturale. La confusione non prevede scelta. Nel musical era tra una musica e l’altra, ora il passaggio si può leggere come una giravolta estetica – αἴσθησις, altro è il Bello. E allora Babilonia può avere un senso perfino liberatorio, progressivo rispetto allo schema precedente, una spinta paradossale ripescata dalla storia. Gli anni ’20 riattivano, almeno nel cinema, una carica che rischiava di essersi persa nella recinzione stilistica di genere. Nella Confusione, una creatività è insita, liberatoria, ambientale. Si apre uno spazio d’azione “free” che suggerisce, sul set-massacro, il senso di una nascita possibile. Non sarà un futuro “ricomposto”, dalla Storia. Il cinema nel suo passaggio segna l’avvento di grovigli anche violenti. Chazelle ne intuisce e ne segna la forma non-indicativa presente, le sue “esagerazioni” non bastano, sembrerebbe, a contenere la previsione della babilonia futura. Giù dallo schermo, segnali di sofferenza. Visitando il set durante le riprese si può misurare la distanza della finzione. Poi gli anni ’30, il sonoro fa ridere. Il mondo nuovo è sempre meno divertente, confuso e chiaro nella sua Mitomania. A qualcuno il film di Chazelle sembrerà lungo, 3 ore e 9 minuti, ad altri breve. Eppure, le sequenze dal sottofinale, 1952, sono divertenti. Anche struggenti. Ma sì, Walkin in the Rain. “Sfrenata decadenza e depravazione nella sfavillante Hollywood”? Calma, parole da Trailer.

Franco Pecori

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19 Gennaio 2023