Fino all’ultimo indizio
The Little Things
Regia John Lee Hancock, 2021
Sceneggiatura John Lee Hancock
Fotografia John Schwartzman
Attori Denzel Washington, Rami Malek, Jared Leto, Natalie Morales, Terry Kinney, Chris Bauer, Joris Jarsky, Isabel Arraiza, Michael Hyatt, Stephanie Erb, Sofia Vassilieva.
Il paradosso viaggia sul binario scomodo. La meta, nascosta, non è svelatile qui e comunque resterà astratta. Un thriller, con un vice sceriffo e un sergente della Squadra Omicidi intenti a scovare un serial killer intorno a Los Angeles: se la motivazione, dall’uno e dall’altro punto di vista, si rivela “profonda”, finisce per risultare superflua una qualche spiegazione deterministica. Accadono cose, si concretizzano dettagli materiali, ma al dunque il tema va ben al di là di un “ultimo indizio”, fosse pure un semplice fermaglio rosso. Denzel Washington è Joe “Deke” Deacon, vice sceriffo della contea di Kern, 15 anni di lavoro senza una promozione. Viene spedito a Los Angeles per un normale lavoro di raccolta prove. Rami Malek è il sergente Jim Baxter, sulle tracce di un serial killer. Sei vittime, tutte prostitute. Tutte accoltellate, imbavagliate, legate. Tutte uccisioni molto organizzate. Perché l’estrema tortura, poi i morsi d’amore? Niente stupro, niente sodomia, nessuna mutilazione genitale. Il lavoro dei due s’intreccia casualmente, per contiguità, ma poi Jim e Deke si trovano legati da un destino che li unisce secondo ragioni di impalpabile tragicità. Il target dell’indagine si sposta apertamente sul versante psicologico quando entra in gioco il personaggio di Albert Sparma (Jared Leto). L’attore è molto bravo a interpretare l’ambiguità della propria storia. Sparma, principale indiziato della serie di delitti, coinvolge nel disegno i due segugi, in una spirale che ne rende sospeso il destino. Si avrà modo di vedere che Jim e Deke hanno anche storie famigliari soggette a complicanze. La “dittatura” della catena indiziaria, sopraggiunta sul campo, li blocca lungo una via senza uscita. Il regista John Lee Hancock (The Founder 2017), autore anche della sceneggiatura (scritta prima che David Fincher realizzasse nel 1955 il suo Seven, con Morgan Freeman e Brad Pitt), si mantiene fuori dal piano letterario, rinunciando a “messaggi” socio-culturali e fissando l’obbiettivo diligentemente sui dettagli narrativi. Non veniamo chiamati a riflessioni su minacce ambientali metropolitane, o su distanze esistenziali legate a situazioni storiche. Il film gioca la propria efficacia nella “semplicità” espressiva (metonimia). In tal senso è da leggere e da apprezzare la discrezione attoriale di Denzel Washington.
Franco Pecori
5 Marzo 2021