Jumper
Jumper
Doug Liman, 2008
Hayden Christensen, Samuel L. Jackson, Jamie Bell, Rachel Bilson, Diane Lane, Michael Rooker, Anna Sophia Robb, Max Thieriot, Tom Hulce, Katie Boland, Nathalie Cox, Teddy Dunn, Barbara Garrick, Meredith Henderson, Sean Baek.
Teletrasporto. E’ una dote che solo alcuni dicono di avere. Per tutti gli altri è un mistero come una persona possa proiettarsi fisicamente da un punto all’altro dello spazio, vicino o lontano, attraversando aria e acqua, muri e rocce. Jumper è il saltatore, colui che appunto è capace di “saltare”, sfidando le leggi della Natura. Ne è passato di tempo da quando il filosofo Leibniz (1646-1716) andava dicendo che «Natura non facit saltus». Ma tant’è. Liman (The Bourne Identity, Mr. & Mrs. Smith) ha colto il giovane David (Christensen) in piena attività di jumper e si è messo a seguirlo, per vedere dove sarebbe andato a finire. Non solo. Ha pure pensato che sarebbe stato più emozionante per lo spettatore potersi identificare con David, in una specie di soggettiva, in modo da sembrargli di poter egli stesso “saltare” di qua e di là, da New York al Colosseo, dalla Sfinge egiziana a Tokyo, in un unico viaggio senza confini, e godersi la vita. Sì, perché inizialmente, la scoperta che David fa delle proprie doti lo porta a progettare di spassarsela girando il mondo senza problema di soldi (li prende entrando nelle banche quando e come gli pare). E a costo di separarsi dall’amichetta di infanzia, di cui è sempre stato innamorato. Ma poi le cose cambiano di molto. Le meraviglie dell’elaborazione digitale alla Matrix passano in secondo piano di fronte all’emergere di un contenuto molto meno ludico. E purtroppo il film si appesantisce di una “morale” storico-religiosa difficile da digerire. David viene a sapere che nella strana dimensione di jumper non è solo e, anzi, un esercito di Paladini (cattolici) è fin dall’antichità alla caccia segreta del popolo dei saltatori, per eliminarli dalla faccia della Terra. La sorpresa finale non possiamo ovviamente rivelarla, tanto più che non chiude affatto il film ma ne lancia un possibile seguito. Diciamo solamente che si potrà capire la ragione per cui David ha visto sparire la propria madre da bambino, quando egli aveva appena 5 anni. Peccato, perché viene a cadere un elemento formale molto interessante, che permetteva di accostare il film ad una tradizione di cinema “fantastico”, fin dalle origini contrapposto al “realismo” dei Lumière. La Luna di Méliès non era certo oppressa da moralismi da inquisizione, niente a che fare col medioevo.
Franco Pecori
29 Febbraio 2008