La casa delle estati lontane
Rendez-vous à Atlit
Regia Shirel Amitaï, 2014
Sceneggiatura Shirel Amitaï
Fotografia Boaz Yehonatan Yakov
Attori Géraldine Nakache, Judith Chemla, Yaël Abecassis, Arsinée Khanjian, Pippo Delbono, Makram J. Khoury, Pini Tavgar, Yossi Marshak, Mohamad Hamdani, Hanna Reiber, Eithan Lev, Gilles Bendavid, Eran Bohem.
Israele, 1995. Storia e poesia sullo stesso terreno cinematografico. Scritto un po’ in versi e un po’ in una prosa repertoriale, il film di Shirel Amitaï (sceneggiatrice di Jacques Rivette per Questione di punti di vista 2009 e ora regista in proprio) oscilla tra spunti di delicata memoria diaristica e riferimenti all’eterno conflitto arabo-israeliano. “Leggero” in superficie, il racconto si apre a flash di cronaca politica, di quando la pace che sembrava finalmente conquistata venne compromessa dall’assassinio del premier israeliano Yitzhak Rabin per mano di un colono ebreo. All’inizio, la chiave poetica apre la porta di una casa in campagna. La giovane Cali (Géraldine Nakache) arriva nella piccola città di Atlit per incontrarsi con le sorelle, Darel (Yaël Abecassis) e Asia (Judith Chemla). Nel giardino da tempo incolto una pietra segna la sepoltura dell’asino Rasputin, spasso delle estati lontane (1970). La casa, ereditata dai genitori, è da vendere, ma il distacco non sarà facile. Ciascuna delle tre donne ha la sua sensibilità, i suoi ricordi, le sue aspirazioni. Nel giardino ci sono radici metaforiche e man mano, nell’attesa dei compratori, entrano in gioco fantasmi imbarazzanti, i genitori e anche un bambino arabo. Le immagini li fanno “coesistere” con la realtà presente e il gioco della memoria interviene a modificare la prospettiva e le intenzioni delle tre sorelle. Ben delineati i loro caratteri, le ragazze hanno una visione personale della “vendita”, per ciascuna il distacco ha un valore diverso e tutte e tre insieme riescono comunque a vivere le giornate di attesa anche in maniera creativa. Purtroppo l'”intromissione” del piano surreale, fantasmatico, stride, sa di ingenuità letteraria e finisce per frenare lo sviluppo narrativo. Emerge l’interrogativo simbolico: vendere, lasciare, restare, conservare, rinnovare… E la freschezza dei caratteri evapora in una nuvola riflessiva ingombrante.
Franco Pecori
16 Giugno 2016