Roma, invito al cinema di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet
Riapre la programmazione del cinema Trevi con un settembre molto impegnato:
8-12: Retrospettiva di Alberto Lattuada
13-15: Anteprima i 1000 (o)cchi. Festival internazionale del cinema e delle arti
16-29: Questi fantasmi 2: cinema italiano ritrovato
26: La figura del padre tra Cinema e Psicoanalisi
30: …essere sveglio tra le cose quando escono appena dal buio e nessuno le ha ancora toccate… Invito al cinema di Straub-Huillet.
Quest’ultimo appuntamento è specialmente interessante
«All’inizio della scelta delle inquadrature, avevamo l’impressione che per ogni inquadratura ci fosse solo una ripresa dove succedeva qualcosa di straordinario. Abbiamo poi finito per scoprirne altre tre dove pure succedevano cose straordinarie. Solo che non le avevamo notate all’inizio perché erano meno evidenti. La nostra mente, per quanto riguarda il campo estetico, è ancora alla preistoria». (Danièle Huillet, in Marco Müller, Piero Spila (a cura di), Il metodo Straub-Huillet, in AA.VV., Straub-Huillet: cineasti italiani. Quaderno informativo della XXV Mostra del cinema internazionale, Pesaro, 1989).
Vedere gli ultimi tre film di Straub, distribuiti insieme la scorsa primavera nelle sale parigine, è una scelta di campo e di posizione ben precisa di fronte al mondo. Vedere di seguito le diverse edizioni montate dal regista è scegliere di lasciare il campo aperto alla meraviglia abbandonando ogni presunzione di aver già visto/vissuto, abbracciare e imbracciare un metodo che Giulio Bursi ha provato a racchiudere in queste poche righe:
«Una veloce panoramica: durante le riprese del film vengono eseguite almeno 3 prese ottime della stessa scena, senza cambiare nulla nella posizione di macchina e negli attori. I cavalletti, piantati nel terreno, non vengono mai mossi e sono lasciati nella stessa posizione fino alla fine del film (coperti alla notte con teli, e ma mai toccati fino alla fine); non si può essere infatti certi che il lavoro del laboratorio sia tale da non dover rigirare determinate inquadrature. Tutto il negativo macchina impressionato viene sviluppato e stampato in una copia positiva utilizzata per essere proiettata come rushes (di prima generazione quindi). Una volta concluse le riprese, il sonoro DAT in presa diretta è portato su 35mm magnetico per essere sincronizzato con l’immagine. Al banco di montaggio si sceglie una prima tornata di 69 migliori ciak e li si monta, poi una seconda di altri 69, e li si monta. Le copie-lavoro ricavate andranno poi, col sonoro, al laboratorio che ha sviluppato il negativo: verrà così tagliato, e da esso si stamperà una copia (sempre di prima generazione quindi) per ogni versione di film montato. A queste copie verranno aggiunti i titoli di testa e coda, per poi passare al missaggio, o aggiustamento dei volumi (operazione che richiede un giorno e mezzo, al massimo). Una volta terminati gli ultimi assestamenti del suono, si passa alla stampa di un numero sufficiente di copie per ogni versione, le si controlla proiettandole una ad una al laboratorio, dopodiché le suddette copie sono pronte per la proiezione. Per continuare con un’altra edizione, è necessario che il materiale positivo rimasto non sia stato buttato, dopodiché il lavoro può essere ripetuto.
Se paragonato al sopra citato esempio di film muto degli anni ’20, Operai, contadini vede un numero molto più esiguo di copie stampate, tanto da potersi permettere di utilizzare sempre lo stesso negativo macchina ed avere così tutti i positivi proiettabili di prima generazione. Pur non avendo diversi negativi, e sebbene il negativo macchina sia uno, i “montaggi corretti” (avendo almeno tre prese ottime), sono più di uno. Una volta determinato un numero massimo di montaggi possibili (se per caso ci fossero solo 2 prese buone di una determinata scena, non si potrebbero mai montare 3 edizioni differenti), ma solo riguardando successivamente il materiale, si potrebbero scoprire altre prese utilizzabili per un nuovo montaggio. Qualora non fossero sufficienti per farne una nuova versione si potrà ricavare un episodio, per poi montare e stampare un cortometraggio» (Giulio Bursi, Commento a tre versioni: Le donne di Messina di Elio Vittorini, Operai, contadini di Straub-Huillet, 2004).
«Da nessuna parte altrove. Oggi sappiamo bene che anche l’illusione fatta a pezzi è un’illusione. Voi non volete “cambiare” il mondo, non incidere in esso la traccia della vostra presenza e da lì dire che avete visto, che avete aperto una parte di questo mondo, come essa vi si dà. Questo mi è piaciuto. Aspetto con impazienza il vostro lavoro a venire…» (Karlheinz Stokhausen su Machorka-Muff (1962), in «Film», n. 2, 1963).
Programma a cura di Fulvio Baglivi con la collaborazione di Jean-Marie Straub, Pierre Grise Productions, Fuori Orario Rai 3, Festival i 1000 (o)cchi di Trieste
ore 17.00
Chronik der Anna Magdalena Bach (Cronaca di Anna Magdalena Bach, 1968)
Regia: Jean-Marie Straub, Danièle Huillet; testo: da Il Necrologio redatto da Philippe-Emmanuel Bach e le lettere di Johann-Sebastian Bach; sceneggiatura: J.-M. Straub, D. Huillet; fotografia: Ugo Piccone, Saverio Diamanti, Giovanni Confarelli; musica: Johann Sebastian Bach, Leo Leonius; montaggio: J.-M. Straub, D. Huillet; interpreti: Gustav Leonhardt, Christiane Lang, Andreas Pangritz, Kathrien Leonhardt; origine: RFT; produzione: Straub-Huillet, Hessischer Rundfunk, Kuratorium Junger Deutscher Film, Telepool, Rai, IDI Cinematografica, Franz Seitz Filmproduktion, Filmfonds; durata: 93’
«Il punto di partenza della nostra Chronik der Anna Magdalena Bach era l’idea di tentare un film nel quale la musica venisse utilizzata non come accompagnamento, e neppure come commento, ma come materia estetica. Non avevamo veri riferimenti. Forse soltanto, come parallelo, ciò che Bresson ha fatto nel Journal d’un curé de campagne con un testo letterario. Si potrebbe dire, in concreto, che volevamo cercare di portare della musica sullo schermo, mostrare per una volta della musica alla gente che va al cinema. Parallelamente a questo aspetto, c’era il desiderio di mostrare una storia d’amore, come non se ne conosceva ancora» (Straub).
Versione italiana curata da Straub e Huillet nel 1968
ore 19.00
Il ginocchio di Artemide (2008)
Regia: Jean-Marie Straub; testo: dal dialogo La belva in Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese; sceneggiatura: D.Huillet, J.-M. Straub; fotografia: Renato Berta, Jean-Paul Toraille, Marion Befve; montaggio: Nicole Lubtchansky; musica: Gustav Mahler, Heinrich Shutz; interpreti: Dario Marconcini, Andrea Bacci; origine: Italia/Francia; produzione: Straub-Huillet, Teatro Comunale Francesco di Bartolo di Buti, Martine Marignac, Pierre Grise Productions, Studio National des Arts Contemporains; durata: prima edizione 26’, seconda edizione con sottotitoli francesi durata: 27’
«Non diciamo il suo nome. Non diciamolo. Non ha nome. O ne ha molti, lo so. Compagno uomo, tu sai cos’è l’orrore del bosco quando vi si apre una radura notturna? O no. Quando ripensi nottetempo alla radura che hai veduto e traversato di giorno, e là c’è un fiore, una bacca che sai, che oscilla al vento, e questa bacca, questo fiore, è una cosa selvaggia, intoccabile, mortale, fra tutte le cose selvagge? Capisci questo? Un fiore che è come una belva? Compagno, hai mai guardato con spavento e con voglia la natura di una lupa, di una daina, di una serpe?» (Cesare Pavese, La belva, in Dialoghi con Leucò, 1947).
Copie provenienti dalla Cineteca di Bologna.
a seguire
Le streghe (2009)
Regia: Jean-Marie Straub; testo: dal dialogo Le streghe in Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese; sceneggiatura: J.-M. Straub; fotografia: Renato Berta, Jean-Paul Toraille, Irina Lubtchansky; musica: Ludwig van Beethoven; montaggio: Catherine Quesemand; interpreti: Giovanna Daddi, Giovanna Giuliani; origine: Italia/Francia; produzione: Straub-Huillet, Teatro Comunale Francesco di Bartolo di Buti, Martine Marignac, Pierre Grise Productions, Studio National des Arts Contemporains; durata: prima edizione 21’, seconda edizione con sottotitoli francesi Le streghe – Femmes entre elles: 21’
«CIRCE – Molti nomi mi diede Odisseo stando sul mio letto. Ogni volta era un nome. Dapprincipio fu come il grido della bestia, di un maiale o del lupo, ma lui stesso a poco a poco si accorse ch’eran sillabe di una sola parola. Mi ha chiamata coi nomi di tutte le dee, delle nostre sorelle, coi nomi della madre, delle cose della vita. Era come una lotta con me, con la sorte. Voleva chiamarmi, tenermi, farmi mortale. Voleva spezzare qualcosa. Intelligenza e coraggio ci mise – ne aveva – ma non seppe sorridere mai. Non seppe mai cos’è il sorriso degli déi – di noi che sappiamo il destino» (Cesare Pavese, Le Streghe, in Dialoghi con Leucò, 1947).
Copie provenienti dalla Cineteca di Bologna.
ore 21.00
Incontro con Fulvio Baglivi, Giulio Bursi, enrico ghezzi, Roberto Turigliatto
Nel corso dell’incontro sarà proiettato Europa 2005 27 Octobre (Cinétract) di Jean-Marie Straub, Danièle Huillet; produzione: Fuori Orario Rai Tre; durata: 10’
a seguire
L’Itinéraire de Jean Bricard (2008)
Regia: Jean-Marie Straub, Danièle Huillet; testo: da L’Itinéraire de Jean Bricard a cura di Jean-Yves Petiteau; sceneggiatura: D. Huillet, J.-M. Straub; fotografia: William Lubtchansky, Irina Lubtchansky; montaggio: Nicole Lubtchansky; origine: Francia; produzione: Straub-Huillet, Martine Marignac, Pierre Grise Productions; durata: prima edizione 40’, seconda edizione 35’
Jean Bricard è nato nel 1932 nella Basse-Pierre, sulla Loira. Qui è tornato nel 1992 ed è responsabile di una cava di sabbia sull’isola Verte, di fronte a Ancenis (Loia Atlantica). Il testo L’Itinéraire de Jean Bricard è stato registrato in due interviste nel 1994 e pubblicato da Jean-Yves Petiteau sulla rivista dell’Ecole des Beaux Arts di Nantes nel giugno dello stesso anno. Straub nel maggio 2008 ha definito il suo L’Itinéraire de Jean Bricard «film demenziale sulla vista».
Copie provenienti da Pierre Grise Productions (Parigi).
7 Settembre 2009