Toni Servillo: Recito con tutto il mio corpo
Concluso a Lecce il Festival del cinema europeo
Il film serbo La donna con il naso rotto, di Srdan Koljevic, ha vinto l’Ulivo d’oro alla 12a edizione del Festival del cinema europeo. Gran premio della giuria ex aequo al polacco Erratum, di Marek Lechki, e all’albanese Amnistia, di Bujar Alimani, che ha ottenuto anche i premi Fipresci e Cineuropa. Migliore sceneggiatura allo spagnolo Per 80 giorni, di Jon Garano e José Mari Goenaga. La seconda edizione del Premio Mario Verdone, dedicato a giovani esordienti italiani, è andata a 20 sigarette, di Aureliano Amadei.
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Retrospettiva dedicata a Toni Servillo L’attore ha incontrato la stampa.
Un’inquadratura de Il gioiellino di Andrea Molaioli
– Come valuta questo riconoscimento?
«E’ la prima volta che viene dedicata una personale. Non distinguo tra il cinema e il teatro, ma sento che il mio lavoro è sul palcoscenico, anche se la passione si alterna. Cerco di dare un contributo alla nobiltà dell’attore, tuttavia non di rado si vede in questo ambiente non la disciplina, la ricerca e la rinuncia, come dovrebbe essere, ma l’estemporaneità e la superficialità».
– Quale spazio ha l’ultimo lavoro, Il gioiellino, nella sua filmografia?
«Con questo film si è completata una sorta di trilogia sul potere, dopo Gomorra e Il divo, il cui percorso parte dalla criminalità, tocca il potere politico per finire con quello economico».
– Ci può dire qualcosa sui suoi prossimi impegni?
«Proprio in Puglia, a Brindisi, comincerò a girare il 9 maggio il primo film firmato da Daniele Ciprì non in coppia con Franco Maresco. Si chiama E’ stato il figlio, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Alajmo. L’altro protagonista è Alfredo Castro, splendido interprete di Tony Manero. Sarò un padre con una forte relazione con il figlio».
– Che giudizio dà sul cinema italiano di oggi?
«Ci sono tanti giovani registi e attori in gamba, dal grande talento. Quello che invece mi sembra mancare è la scrittura di storie originali, capaci di affascinare in maniera nuova».
– Qualcuno ha parlato di un suo approccio “fisico” con i personaggi. Che ne pensa?
«Nel bagaglio di un attore sono fondamentali il corpo e il comportamento, sono gli strumenti che possiamo suonare. Il modo in cui gestiamo un atteggiamento, la maniera in cui ci muoviamo, il volto che prestiamo a un personaggio, sono importanti tanto quanto la parte recitata».
– Qual è il suo contributo allo sviluppo dei personaggi che interpreta?
«Un attore può illuminare un film, o alcune zone, ma la responsabilità finale è del regista. L’attore di cinema lascia che si compia di sè quasi un “abuso”, così come il pubblico di teatro chiede all’attore in scena».
– La “napoletanità” quanto ha plasmato l’attore Servillo?
«E’ più facile fare l’attore nascendo a Napoli che a Bolzano. Hanno detto che a Napoli prevale “un comportamento sociale recitato”, dove si suona una gamma amplissima, dal cinismo alla generosità. Per un attore è una città nutriente, e non devo certo ricordare io i nomi straordinari che Napoli ha regalato alla recitazione. Ma è anche una città di scrittori che l’hanno messa in relazione con l’Europa. Mi sento debitore e riconoscente pensando alla sua tradizione, e qui voglio ricordare Eduardo che affermava “la tradizione è la vita che continua”».
A cura di Giovanni Casa
18 Aprile 2011