Venezia, Giornate degli Autori
3 – 12 settembre 2009
Miglior film
The last days of Emma Blank diAlex van Warmerdam – Olanda
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LO SGUARDO DEL GATTO
15 anteprime mondiali, 4 opere prime, dodici racconti di finzione e sei documentari, 15 nazionalità rappresentate: tornano le Giornate degli Autori, fondate sei anni fa dall’ANAC e dagli Autori dell’a.p.i., presiedute da Roberto Barzanti, dirette nuovamente da Giorgio Gosetti che succede al critico Fabio Ferzetti, oggi responsabile del progetto speciale 100 + 1. Cento film e un paese, l’Italia. In un anno di oggettive difficoltà e che vedrà la forte mobilitazione degli autori e dei lavoratori dello spettacolo contro i tagli al Fondo Unico dello Spettacolo, il cinema italiano è fortemente e legittimamente rappresentato nel programma da storie, stili, sensibilità e realtà produttive molto diverse: dal ritorno di Marina Spada con Poesia che mi guardi fino al cortometraggio Mille giorni di Vito di Elisabetta Pandimiglio che è stato scelto per l’originalità del linguaggio e la forza della tematica (la difficile maternità delle donne in carcere) che impone alla nostra coscienza.
“Sarà un’edizione profondamente legata al mondo femminile – annuncia il delegato Giorgio Gosetti – con autrici, protagoniste e realtà che hanno colpito profondamente tutti noi e il comitato internazionale di selezione che mi ha affiancato nel difficile lavoro delle scelte finali. Ma sarà anche un programma che, pur nella coerenza con l’identità delle Giornate – darà molto spazio alla provocazione, al cinema di genere riscoperto dagli autori più giovani, alla duttilità dei linguaggi e delle forme produttive, perfino al sorriso e alla satira, aspetti di norma poco valorizzati nei festival maggiori”.
Sono 12 i lungometraggi della selezione ufficiale e tra essi spiccano nomi illustri di autori che hanno fatto la recente storia del cinema ma che quest’anno portano a Venezia opere spiccatamente indipendenti e personali: è il caso di Claude Miller che compone una inattesa coppia col figlio Nathan per firmare la scabra e potente “opera prima” Je suis content que ma mère soit vivante; di Goran Paskaljevic che in Honeymoons riflette tutte le contraddizioni della sua terra, pietra dello scandalo di un’Europa che cerca vanamente di scordare il passato recente; dell’algerino Merzak Allouache che in Harragas accompagna i suoi “boat people” (vero microcosmo dei mille volti del suo lacerato paese) nella traversata del Mediterraneo verso un impossibile sogno di liberazione; dell’olandese Alex van Warmerdam che con The Last Days of Emma Blank prosegue nella sua personalissima satira sociale sul crinale tra realismo e surrealismo.
Al loro fianco esordienti assoluti come Léa Fehner o i francesi Yannick Dahan & Benjamin Rocher dell’horror politicamente scorretto La Horde (evento speciale delle Giornate e già opera di culto per il popolo degli internauti e per il mercato, nonostante debutti proprio a Venezia), numerose opere seconde, graditi ritorni come lo spagnolo Sánchez-Arévalo (Azuloscurocasinegro) che farà certamente discutere con la spietata satira di Gordos. Saranno cinque invece i Film della realtà proposti come un “programma speciale” per dare particolare enfasi a un modo espressivo che in Italia conosce oggi particolare fortuna: dalle appassionate Ragazze di Paola Sangiovanni alla poetessa Antonia Pozzi, raccontata da Marina Spada, dalle storie d’amore scandalosamente “normali” filmate da Stefano Consiglio alla vita travolgente di un gigante come Vittorio D. (di Mario Canale e Annarosa Morri) fino allo sconcertante presente del nostro cinema rintracciato con felice ed erratica libertà da Valerio Ialongo in Di me cosa ne sai. “Questo film ci è specialmente caro – sottolinea Gosetti – sia per l’attualità della denuncia, sia per la lunga gestazione, cominciata proprio con le Giornate, già sei anni fa. Ma anche perché fino all’ultimo giorno vi si è dedicata con appassionata allegria Francesca Palombelli, l’amatissima animatrice della Villa degli Autori alla cui entusiasta umanità è idealmente dedicato il nostro lavoro di quest’anno”. A lei e al film sarà dedicata una delle serate della Villa, ormai tradizione consolidata della rassegna, così come il programma degli incontri, degli approfondimenti, delle iniziative che da sempre costituiscono l’ideale contrappunto di una manifestazione in cui proprio lo scambio tra cineasti di ogni paese e la puntualità nel seguirne le lotte è la più vera essenza. Infine gli omaggi e le attività collaterali di quest’anno: alcune verranno annunciate nelle prossime settimane anche in funzione dell’evolversi delle iniziative del cinema italiano di cui le Giornate sono lo spazio più naturale e direttamente coinvolto. Fin d’ora si sottolinea invece l’omaggio speciale all’animatrice Signe Baumane (autrice amatissima dai festival, scoperta proprio a Venezia e poi celebrata dal Sundance alla Berlinale) che porta l’integrale della sua antologia Teat Beat of Sex con otto episodi inediti (appena 2’ ciascuno) in testa ai film della Selezione. Ritorna poi il progetto speciale ideato e diretto da Fabio Ferzetti 100 + 1. Cento film e un paese, l’Italia, alla vigilia della sua prima iniziativa insieme alla Provincia di Roma e con il sostegno di Cinecittà Luce. Nell’occasione a Venezia, grazie alla collaborazione con la Cineteca di Bologna verrà presentata la copia restaurata del film di Francesco Rosi I Magliari del 1959.
Cinquant’anni fa: forse non passati invano.
UNO SPAZIO LIBERO di Roberto Barzanti
Quest’anno le Giornate degli Autori rendono ancora più evidenti le finalità di curiosa scoperta critica e di libera rassegna di opere, scelte dopo una selezione che ha rifiutato ogni confine territoriale, ma anche limiti di genere e di prudenti consuetudini. Non mancano opere prime – secondo una tradizione ormai affermata – accanto a film di autori che sono già vecchie conoscenze nostre, vi sono documentari di denuncia e corti di animazione piuttosto piccanti, pellicole gloriose restaurate come si deve e inchieste che faranno riflettere. Sono accresciute, mi pare, una certa trasgressività e l’attenzione ai temi brucianti (la lotta contro l’infibulazione, ad esempio, la dittatura videocratica, gli immigrati clandestini in Spagna, i diritti degli indiani d’America, lo scontro di civiltà tra albanesi, serbi e resto d’Europa). Ma non è il caso di elencare alla rinfusa taluni dei contenuti più spinosi.
Le Giornate – questo è il punto – si diversificano sempre più e tendono ad articolarsi non solo nella rassegna principale, dodici lungometraggi, ma anche in proiezioni speciali alle quali è annessa un’importanza non minore. Così sono in calendario incontri e convegni in Villa di sicuro vivaci. Non si potrà non ritornare sulle assillanti questioni legate alla protezione del diritto d’autore e dei diritti di proprietà intellettuale in genere. Non vanno bene né soluzioni affidate essenzialmente a meccanismi di controllo repressivo né sono accettabili inni alla gratuità corsara che distruggerebbe dalle fondamenta un’economia della creatività spinta piuttosto a inventare nuove modalità diffusive e a fissare nuove regole. In Italia una legge di sistema su cinema e audiovisivo è di là da venire. Ormai è stato ben dimostrato che l’assistenzialismo pubblico è una favola: prosegue la lotta per ottenere dallo Stato e dalle istituzioni pubbliche gli investimenti necessari e per irrobustire il flusso di risorse non solo dei produttori del settore ma di tutti quei fornitori di servizi oggi chiamati ad un ruolo sempre più attivo e coraggioso. La normativa europea dovrà essere accolta nelle legislazione degli Stati esaltando le opportunità che suggerisce per una coordinata armonizzazione verso l’alto di atteggiamenti e interventi.
Gli autori sono in prima fila in queste lotte e Venezia offre non da oggi un’agenda di eccezionale impegno. Le Giornate hanno la sola ambizione di riflettere volontà, idee, sollecitazioni, proposte del vario associazionismo che raccoglie gli autori di cinema. È un mondo che ha registrato profondi cambiamenti rispetto alla data di inizio dell’esperienza delle Giornate: fondate con gesto lungimirante e con spirito di massima apertura.
Tanto più valido e necessario oggi che alla presenza di storici sodalizi quali l’ANAC si uniscono – penso ai 100 Autori – nuove voci e inedite istanze. Nessuno vuol recintare lo spazio che si è costruito insieme, ma renderlo più strutturato, più accogliente e laico, nell’interesse del cinema e di chi lo fa – lo vive – in prima persona. In questo senso la sesta edizione sarà per certi versi un passaggio, un ponte verso nuovi progetti e nuovi obiettivi. Fin da ora è chiaro che lo spazio libero delle Giornate è e sarà a disposizione di tutte le istanze, le iniziative e le forme di ragionata protesta tese a ribadire il primato della cultura come investimento sul futuro del Paese e risorsa ineludibile di civiltà. È essenziale più che mai comprendere il nuovo e interpretarlo con onestà. Per tutti il lavoro fatto e per quello che ci aspetta dico grazie a quanti rendono possibile questa nostra realtà, a partire dalla Direzione Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalle Regioni e dai soggetti privati che ci accompagnano nell’avventura.
Non è più tra noi Francesca Palombelli, che fin da subito della quotidianità delle Giornate è stata l’appassionata e sapiente animatrice, la naturale e autorevole regista. La ricordiamo con rimpianto e dolore. Ogni sforzo sarà fatto perché la macchina giri come quando c’era Lei.
E a Lei, alla sua esigente intelligenza e alla sua ferma cortesia, dedichiamo quest’anno la nostra fatica, bella e triste.
I FILM
BARKING WATER
di Sterlin Harjo
Stati Uniti, Prima Internazionale
produzione Indion Production
L’orgoglio e la fine delle nazioni indiane Seminole e Crow così come dell’incontaminato Oklahoma, la Terra degli Uomini Rossi (in lingua Ponca). Frankie vuole lasciare l’ospedale – prima di morire – per ritrovare figlia e nipote e chiedere loro perdono. Ricorre all’aiuto di Irene, la donna che in passato lo ha amato. Un road movie nostalgico e sorprendente che scorre tra paure, speranze, rancori sopiti sotto gli occhi di una natura antica che assiste impassibile. Prodotto con il sostegno del Sundance Institute.
(Opera seconda)
CELDA 211
di Daniel Monzón
Spagna, Prima Mondiale
produzione Vaca Films, Morena Films, Telecinco
vendite internazionali Films Distribution
Due uomini al centro di una rivolta carceraria: lo spietato assassino che la capeggia e il secondino appena arrivato che vi si trova implicato. Quando il genere del “Prison Movie” diviene veicolo per una ricerca d’autore, ma anche un thriller mozzafiato diretto con mano ferma dal regista di La caja Kovak. E non solo per i due protagonisti, giacché oltre le mura della prigione ci sono affetti, giochi di potere, accordi sotto banco, mentre i margini di trattativa si fanno sempre più stretti. Con Carlos Bardem (Che), Luis Tosar (La Semana Santa) e Antonio Resines (Il labirinto del Fauno).
DESERT FLOWER
di Sherry Horman
Germania/Austria/UK, Prima Mondiale
produzione Desert Flower Filmproductions
vendite internazionali The Match Factory
La straordinaria vita di Waris Dirie, ragazza nomade nel deserto somalo, top model braccata dal successo, ambasciatrice all’Onu per i diritti delle donne. Il film costruisce intorno alla sua figura un colorato affresco delle contraddizioni del nostro mondo e della società dell’immagine, mescolando i modelli narrativi del dramma sociale e della commedia sofisticata. Per riassumersi in un intenso ritratto femminile grazie all’esordio sullo schermo della bellissima Liya Kebede. Oggi Waris Dirie è il simbolo della campagna contro l’infibulazione delle donne africane e della violenza contro di loro.
DI ME COSA NE SAI
di Valerio Ialongo
Italia, Prima Mondiale
produzione Cinecittà Luce, Ameuropa
distribuzione italiana Cinecittà Luce
Come sta il cinema italiano? Male, ma perché? Dopo cinque anni di interviste, incontri, vicende esemplari, questo film mette in scena la tragicommedia del nostro tempo, della memoria perduta, della cultura svilita, della solitudine d’artista. Ne nasce un racconto erratico, libero, capace di affiancare l’inchiesta alle storie private. Lo sguardo è disincantato, il tono lieve, a tratti comico. La realtà meno… Il film è stato realizzato con il contributo di Francesca Palombelli.
GORDOS
di Daniel Sánchez-Arévalo
Spagna, Prima Mondiale
vendite internazionali Imagina International Sales
Seconda prova dell’autore di Azuloscurocasinegro, autentico “caso” sul male dei nostri tempi – l’obesità. Una commedia trasgressiva ed “eccessiva” su un gruppo di XXL in cerca di redenzione. Un racconto di insicurezze, fobie, drammi, errori, vergogne, speranze, concessioni, amore, sesso, salute e famiglia. Insomma un film politicamente più che scorretto sulla sopravvivenza… nel senso più “ampio” del termine.
(Opera seconda)
HARRAGAS
di Merzak Allouache
Algeria/Francia, Prima Mondiale
produzione Libris Films
vendite internazionali Doc&Film International
Gli “harragas” (termine spagnolo d’origine araba) sono coloro che bruciano i documenti (e le frontiere). Sono i clandestini del mare che dalle coste del Maghreb cercano una vita migliore in Spagna. Il più grande regista algerino racconta l’odissea di un gruppo di giovani che tentano la sorte, da una parte all’altra del mare, segnati dal suicidio di uno di loro. Nel composito equipaggio si rintracciano le differenze e i volti dell’Algeria di oggi, un paese sospeso fra tradizione e trasformazione, tolleranza e conflittualità.
HONEYMOONS
di Goran Paskaljevic
Albania/Serbia, Prima Mondiale
produzione Nova Film
Prima produzione firmata insieme da Albania e Serbia, è un film sulla “maledizione del Kosovo”, su due coppie di giovani sposi in cerca di libertà, sul paradosso di frontiere che sembrano spalancate e sono invece trappole micidiali, che siano quella ungherese o il porto di Bari. Il grande regista di La Polveriera firma un ritratto corale dei nostri tempi che coinvolge il suo paese, le ataviche rivalità dei Balcani, l’Italia e l’Europa. L’opera più personale, emozionante, feroce di un ostinato e solitario maestro che crede agli uomini più che ai passaporti.
JE SUIS HEUREUX QUE MA MERE SOIT VIVANTE
di Claude e Nathan Miller
Francia, Prima Mondiale
produzione F Comme Films, Orly Films, France 3 Cinéma
vendite internazionali Coach 14
“La nostra identità è un vestito le cui forme sono state disegnate dalla nostra infanzia”. Così dice Claude Miller interrogandosi su cosa accada quando questa infanzia sia stata invece negata. Thomas è stato abbandonato dalla madre. Insofferente della famiglia adottiva, il ragazzo va alla ricerca della donna per anni e, quando la incontra, comincia una vita parallela al suo fianco senza prevederne il fatale epilogo. Esordio del figlio del regista, Nathan, il film rivela un giovane talento: Vincent Rottiers. Da un fatto di cronaca narrato da Emmanuel Carrère.
(Opera Prima)
THE LAST DAYS OF EMMA BLANK
di Alex van Warmerdam
Olanda, Prima Internazionale
produzione Graniet Film
vendite internazionali Fortissimo Films
Scene di lotta di classe in riva al Mare del Nord o attesa per un nuovo Angelo Sterminatore? Sul registro di un surrealismo personale e inconfondibile si snoda la nuova commedia, aspra e pungente, del regista di film molto amati dalla critica come Abel, Il vestito, Waiter che prosegue qui la sua ricerca di linguaggio e critica sociale. Nella sua grande casa dietro le dune la tirannica Emma aspetta la fine esasperando domestici e parenti per spingerli ad una paradossale rivolta. Nel teatro della crudeltà vince chi opprime o chi pensa di ribaltare le regole del gioco?
QU’UN SEUL TIENNE, LES AUTRES SUIVRONT
di Léa Fehner
Francia, Prima Mondiale
produzione Rezo Films
vendite internazionali Rezo Films
Nel parlatorio di una prigione francese le vite di un gruppo di uomini e donne si sfiorano fino ad influenzare i destini reciproci. La madre di un algerino ucciso, il sosia casuale di un pericoloso pregiudicato, la ragazza di un giovane ribelle, un medico dal finto cinismo, la sorella di un assassino: un’ora di tempo per saldare i conti con la vita, nelle mille facce della moderna società del malessere. Tra i protagonisti Reda Kateb, rivelazione di Un prophète.
(Opera Prima)
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Alla Selezione Ufficiale si aggiungono tre nuovi titoli: il ritorno dello svedese Jesper Ganslandt (già protagonista nel 2006 con Falkenberg Farewell) che presenta in prima mondiale il suo APAN, ovvero la folle giornata di un padre di famiglia reo dell’omicidio della moglie e dell’aggressione al figlio; la nuova opera, in prima mondiale assoluta, di un maestro come l’argentino Israel Adrián Caetano (Un oso rojo e Cronica de una fuga) che in FRANCIA pedina il disastro sentimentale di una famiglia; l’esordio assoluto nel lungometraggio del colombiano Jorge Navas che in LA SANGRE Y LA LLUVIA descrive l’inferno notturno di Bogotà. (8 agosto 2009)
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evento speciale
LA HORDE
di Yannick Dahan e Benjamin Rocher
Francia, Prima Mondiale
produzione Capture the Flag
vendite internazionali Films Distribution
distribuzione italiana Fandango
Una squadra di polizia decide di regolare i conti con una banda di gangster e balordi. Ma il palazzo in rovina in cui sono asserragliati i teppisti è anche la meta prediletta di un’orda selvaggia di zombies che attacca la città. Con la luna alta nel cielo comincia una lotta senza quartiere. All’alba solo i migliori sopravvivono. Atteso esordio di due autori giovanissimi, è il film che restituisce all’horror la sua anima inquieta di genere ribelle, sarcastico, scorretto e gioiosamente cinefilo… E che questa volta parla europeo.
(Opera Prima)
il cinema del reale: proiezione speciale
L’AMORE E BASTA
di Stefano Consiglio
Italia, Prima Mondiale
produzione BiBi Film, Lucky Red
vendite internazionali Doc&Film International
distribuzione italiana Lucky Red
Cosa vuol dire vivere la normalità, la felicità scandalosa dell’amore sapendolo “diverso” solo agli occhi della consuetudine sociale? L’amore di coppia che Stefano Consiglio ha cercato in tutta Europa parla con la semplicità dei bambini, le colorate animazioni di Ursula Ferrara, la voce di Luca Zingaretti, l’evidenza di storie che tutti vorremmo vivere.
il cinema del reale: proiezione speciale
POESIA CHE MI GUARDI
di Marina Spada
Italia, Prima Mondiale
produzione Miro Film
Lo sguardo umbratile e moderno dell’autrice di Come l’ombra si ferma oggi sulla giovinezza della poetessa e fotografa Antonia Pozzi, che si lasciò morire il 3 dicembre del 1938, all’indomani delle leggi razziali in una Milano nevosa e gelida. La sua memoria perduta rivive oggi grazie ai poeti di strada che credono alla forza di un verso, di un pensiero capaci di segnare il mondo.
(Opera seconda)
il cinema del reale: proiezione speciale
RAGAZZE… LA TERRA TREMA
di Paola Sangiovanni
Italia, Prima Mondiale
produzione Metafilm
Si chiamano Alessandra, Liliana, Marina e Maria Paola. Erano adolescenti negli anni ’60, ragazze nel decennio successivo quando il Movimento parlò al femminile. Le loro vite pubbliche e private – dal palcoscenico alle radio libere, dai collettivi femministi alle manifestazioni di piazza – si sono intrecciate con la Storia e l’utopia dell’Italia di allora. Che non è solo un ricordo in bianco e nero.
(Opera prima)
evento speciale 100+1
VITTORIO D.
di Mario Canale e Annarosa Morri
Italia, Prima Mondiale
produzione Surf Film, La7
vendite internazionali Surf Film
A 70 anni dal suo primo film (Rose scarlatte, 1939) e 35 dalla morte, Vittorio De Sica resta un gigante celebrato, talvolta dimenticato, forse paradossalmente sconosciuto del nostro cinema. In ombra è scolorata la sua prorompente umanità, la sua versatilità d’attore, la sua intransigenza d’autore. A raccontarlo in questo ritratto per tanti versi inedito e diverso, oltre ai figli Emy, Christian, Manuel, sono artisti come Allen, Eastwood, Landis, Loach, Monicelli.
omaggio a Signe Baumane
TEAT BEAT OF SEX
Lettonia/Italia, Prima Mondiale
produzione Pierre Poire Productions
La serie Teat Beat of Sex si compone di 15 fulminanti shorts sull’amore e il sesso e sarà presentata integralmente a Venezia: gli otto episodi inediti prima dei film, gli altri in una serata speciale sullo “schermo sotto le stelle”. Signe Baumane è una delle artiste più celebrate dell’animazione internazionale. Negli ultimi anni è stata protagonista in concorso al Sundance e alla Berlinale. Illustratrice di libri per l’infanzia, animatrice teatrale, autrice di oggetti e installazioni esposte in gallerie d’arte, compagna di lavoro di Bill Plympton, con sei film e innumerevoli shorts alle spalle, la regista ha vinto moltissimi premi nei maggiori festival.
in collaborazione con la Settimana Internazionale della Critica
VIDEOCRACY
di Erik Gandini
Svezia, Prima Mondiale
produzione Atmo AB, Zentropa Entertainment7
vendite internazionali Trust Nordisk
distribuzione italiana Fandango
In principio fu la televisione libera, poi venne l’orgia delle antenne, l’ebbrezza della scelta, la lenta ma inesorabile mutazione del codice genetico di un popolo. La monocrazia della tv non è peculiarità solo italiana, ma solo nel paese di Mr. President la “scatola magica” ha generato un simile bestiario umano. Per tenere viva questa riflessione, abbiamo scelto di mostrare, insieme alla SIC, lo “sguardo altro” dello svedese Erik Gandini, già autore di opere come Sacrificio e Gitmo.
LA PROVOCAZIONE DELL’AUTORE
di Giorgio Gosetti
Tra i due percorsi tradizionalmente adottati per comporre il programma di una rassegna cinematografica (estetica personale o fotografia ragionata dell’esistente) le Giornate hanno privilegiato fin dalla fondazione il secondo. Perché soltanto la ricerca sullo stato della creatività e della libertà d’espressione possono fare da guida ad una selezione che si richiama, già nel titolo, al concetto di autore. Chi guida un festival, chi seleziona lavori altrui, non ha ragione né diritto di sostituirsi all’artista, piuttosto ha il compito di mettere in valore ciò che ritiene affine allo spirito del proprio mandato. E questo concetto acquisisce nuova forza dalla contingenza attuale che fa delle Giornate degli Autori lo spazio naturale di una urgenza espressiva, di un diritto alla parola messo oggettivamente in pericolo.
La dozzina di film selezionati in tutto il mondo, gli eventi speciali, le iniziative e gli incontri che andranno a formare il programma quotidiano della nostra presenza alla Mostra di Venezia devono quindi rispondere a questi requisiti essenziali: necessità e varietà di suggestioni. Gli autori che con le loro opere consentono – accettato il metro della soggettività – di tracciare una mappa (per quanto provvisoria ed effimera) della creatività d’espressione, ci hanno affidato storie, personaggi, lavoro e idee che non si esauriscono nel breve istante della “prima”. Che cosa voglia dire fare oggi un film, investire energie e risorse economiche in un’idea che si materializza poco a poco, è elemento che sentiamo di dover mettere in evidenza, perfino prima del giudizio estetico a cui poi quell’opera sarà sottomessa. Per questo ci sembra essenziale che i film delle Giornate vengano visti e valutati insieme agli autori, facendone terreno di confronto, usando i mezzi tipici di un festival che dovrebbe essere soprattutto il luogo della riflessione, della scoperta, dello scambio intellettuale ed emotivo.
Ingenua utopia? Si vedrà.
Sono oltre 15 le bandiere a cui si legano i nostri film di quest’anno: culture diversissime, esperienze sociali agli antipodi, retaggi ideologici sovente conflittuali. E ovunque appaiono i segni delle macroscopiche contraddizioni che caratterizzano la nostra epoca: la diffidenza tra razze, la violenza sull’individuo e soprattutto sulla donna, lo scandalo della diversità, l’odio tribale, l’emarginazione dei più deboli, la negazione della memoria e della tradizione, la brutalità e l’apparenza come valori anziché come errori. Se ne potrebbe dedurre che la ricerca e la selezione sono stati guidati da un criterio di “impegno”, di aderenza al sociale che spesso appariva emarginato o negato nel passato recente. La realtà – come spesso accade a chi fa il nostro mestiere – è che le storie e i personaggi hanno preso il sopravvento, hanno scritto il copione al nostro posto, si sono conquistati spazio ed attenzione ben oltre le attese della vigilia, fino a creare naturalmente un percorso affine alle ansie e alle speranze che abitano questo mondo, lo spazio comune in cui viviamo fianco a fianco; gli artisti forse – come sempre – un passo più avanti. “I film nascono liberi e eguali tra loro” scriveva più di 40 anni fa il cineasta francese Pierre Kast nell’atto di fondazione della Quinzaine des Réalisateurs.
In quest’utopia un po’ naive, in questo slogan espresso con un linguaggio che allora appariva concreto e possibile, c’è ancora oggi una verità potente alla quale troppo spesso rinunciamo con indifferenza: la libertà creativa non è un valore negoziabile, è il presupposto per leggere il nostro presente e immaginare il futuro. Si tratta di una provocazione etica di cui sentiamo tutti, più o meno chiaramente, il bisogno, è l’incoercibile differenza che una società deve lasciare all’arte per spingerci a pensare oltre gli schemi dell’ovvio. Ma se provocazione deve essere, allora è bene che, rispetto al mondo piccolo del cinema, anche noi ci adeguiamo ad essere sorpresi, spiazzati, rimessi in discussione.
Per questo l’edizione 2009 delle Giornate non propone un classico fil rouge, ancora di salvezza prediletta di ogni cronista chiamato ad immaginare un festival prima che esso cominci. Ed ecco che abbiamo dato spazio alla rilettura dei generi tradizionali nella chiave originale che ci sembra di rintracciare tra i cineasti più giovani e spregiudicati; ecco che – più di sempre – abbiamo accostato con entusiasmo maestri consacrati a esordienti, i linguaggi del documento e dell’inchiesta alla finzione più lussureggiante, il cinema delle idee a quello della forma, il divertimento intelligente alla riflessione militante.
Non vuole essere una riproduzione della rampante moda “inclusiva”; il dovere della scelta è nei numeri contenuti che da sempre ci siamo fissati e che anzi, specie quest’anno, ci costringono a rinunce dolorose soprattutto verso il cinema italiano, di per sé ricchissimo di tentativi e di esordi. Pensiamo piuttosto a un terreno di confronto in cui il cinema mostrato si fa, immediatamente dopo, oggetto della discussione, speriamo anche di polemica, per ritrovare quella necessità ampiamente perduta che, nel tempo, aveva invece dato calore e ragione ai festival.
Sullo stretto legame tra la nuova Sala (promessa quest’anno dalla Biennale alle Giornate e alla SIC) come spazio della visione e la Casa (la Villa degli Autori) intesa come luogo della parola, si è snodato in questi anni il percorso naturale della nostra rassegna. Chi ha frequentato le Giornate ha chiaro il ricordo di vivaci discussioni (pubbliche e private) nel giardino della Villa; dibattiti e “baruffe” che sono andati a comporre una sorta di programma parallelo, importante almeno quanto quello dei film proposti e spesso ad essi legato, fin nel simbolo dello “Schermo sotto le stelle”.
Crediamo però che mai come questa volta la Villa degli Autori debba offrirsi come spazio naturale di iniziative, momenti anche improvvisati dedicati al senso del cinema, al suo futuro e al suo incerto presente (almeno in Italia). Pensiamo che il confronto con altre esperienze, la partecipazione e la solidarietà di autori che ben poco sanno dell’Italia e delle sue attuali vicende legate alla cultura, sia un deterrente naturale al velleitarismo e allo spontaneismo della protesta fine a se stessa.
Abbiamo invece bisogno di attingere a risorse diverse, di mettere in campo i valori migliori della cultura (idee, visioni, progettualità) e che un appuntamento internazionale come la Mostra del Cinema possa offrirci l’occasione più efficace e naturale per immaginare quel mondo diverso che è ancora possibile.
Fin dalla loro fondazione, voluta dalle associazioni italiane degli autori di cinema in accordo con la Mostra, le Giornate degli Autori si definiscono uno “spazio libero e indipendente”. Ciò ha ovviamente un costo (che ci è sempre sembrato un valore, ovvero la sobrietà) e dipende da un sostegno che, nel tempo, si è dimostrato investimento lungimirante.
La nostra esistenza è garantita dall’intervento dello Stato, per tramite della Direzione Cinema che ci ha sempre lealmente promosso; dalla collaborazione tecnica con la Mostra; da un partner principale come BNL – Gruppo BNP Paribas (storicamente la banca del cinema), da enti locali attenti all’industria dell’audiovisivo come la Regione Lazio, istituzioni come la Siae, media partner come La7, operatori del settore come Technicolor e SubTi, sponsor privati, partner tecnici, Film Commission ed enti locali.
Questo operoso intreccio di collaborazioni non ha garantito soltanto la rassegna dei film, capace comunque di affermarsi in breve tempo come la realtà più dinamica di Venezia e di promuovere una straordinaria messe di nuovi talenti; ha dato vita a iniziative parallele di ampio respiro come il progetto 100+1. Cento film e un paese, l’Italia ideato e diretto dal critico Fabio Ferzetti; ha portato i film e i registi delle Giornate nelle riprese di Milano e Roma (con il coordinamento di Francesco Ranieri Martinotti); ha stimolato le associazioni di categoria ad analisi e interventi sui grandi temi della politica cinematografica offrendosi come libero spazio di elaborazione comune (grazie all’opera di Roberto Barzanti e di alcuni nostri associati).
Crediamo che su questa linea scevra da ogni tentazione di corporativismo sia necessario proseguire e investire perché è questo a farci diversi e, speriamo,
necessari.
Sono ritornato dopo tre anni a far parte a pieno titolo di questa “famiglia”. Mi auguro di essere in grado di garantirle lo stesso livello d’eccellenza assicurato fin qui, con un lavoro straordinario, da Fabio Ferzetti e dai suoi collaboratori. A tutti loro, alle associazioni degli autori, a chi mi ha affidato questo compito, va oggi il mio ringraziamento, nella convinzione che l’identità di questa iniziativa è oggi forte e consolidata: una conquista importante da difendere e sostenere, ben oltre le individualità di volta in volta chiamate a realizzarla. A prescindere insomma, come diceva Totò.
UNA VOCAZIONE EUROPEA
Di Gaetano Blandini – Direttore Generale per il Cinema
Quest’anno le Giornate degli Autori rendono ancora più evidenti le finalità di curiosa scoperta critica e di libera rassegna di opere, scelte dopo una selezione che ha rifiutato ogni confine territoriale, ma anche limiti di genere e di prudenti consuetudini. Non mancano opere prime – secondo una tradizione ormai affermata – accanto a film di autori che sono già vecchie conoscenze nostre, vi sono documentari di denuncia e corti di animazione piuttosto piccanti, pellicole gloriose restaurate come si deve e inchieste che faranno riflettere. Sono accresciute, mi pare, una certa trasgressività e l’attenzione ai temi brucianti (la lotta contro l’infibulazione, ad esempio, la dittatura videocratica, gli immigrati clandestini in Spagna, i diritti degli indiani d’america, lo scontro di civiltà tra albanesi, serbi e resto d’Europa).
Ma non è il caso di elencare alla rinfusa taluni dei contenuti più spinosi. Le Giornate – questo è il punto – si diversificano sempre più e tendono ad articolarsi non solo nella rassegna principale, dodici lungometraggi, ma anche in proiezioni speciali alle quali è annessa un’importanza non minore. Le Giornate degli Autori costituiscono oggi una realtà consolidata che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali sostiene fin dalla fondazione per il tramite della Direzione Cinema.
Come annotato puntualmente dai critici e dagli addetti ai lavori, questa sezione parallela e indipendente ha portato alla Biennale una ventata di novità e un sostegno di visibilità internazionale che ben si integra nello sforzo congiunto di tutto il cinema italiano (basti pensare alle iniziative parallele della Settimana della Critica e al Premio Bianchi del Sindacato Giornalisti) per affiancare il lavoro della Mostra e conservare il prestigio e l’autorevolezza del più antico e glorioso tra i festival. Grazie alla direzione di Fabio Ferzetti e ora nuovamente di Giorgio Gosetti, alla illuminata presidenza di Roberto Barzanti, al sostegno degli autori e all’impegno dei professionisti che vi operano, le Giornate degli Autori non sono soltanto una selezione di film spesso emozionanti e originali per stile e linguaggio (come dimostrano i moltissimi riconoscimenti poi ottenuti dalle pellicole selezionate), ma anche uno spazio di approfondimento, confronto, analisi che offre ai cineasti italiani un naturale ponte con il resto dell’universo cinematografico. Mi è particolarmente caro sottolineare che proprio questa sezione – di per sé non competitiva – ospita ogni anno il Label di Europa Cinemas, premio al cinema europeo sostenuto dal programma Media, esplicito segno di una vocazione europea e internazionale per una vetrina già di per sé sensibile al nuovo. Come consuetudine, le scelte e le linee di indirizzo che caratterizzano quest’edizione appartengono in piena autonomia alle Giornate e al loro Delegato. Credo però che, specie in un momento come l’attuale, ricco di mutamenti e scommesse sul futuro del cinema, la significativa presenza di opere italiane ed europee nella selezione confermi una vitalità e un’apertura del nostro cinema che è premessa sempre più indiscutibile per rincorrere traguardi ambiziosi e una libertà espressiva senza la quale il cinema rinuncerebbe al suo ruolo naturale di sperimentazione e rinnovamento.
Mi rendo perfettamente, pienamente conto che questo è un momento fortemente critico sotto il profilo delle risorse destinate al sostegno della produzione, ma voglio e devo continuare a sperare e a lavorare perché si trovino soluzioni finalizzate, da un lato al superamento dell’emergenza, dall’altro a mettere finalmente a regime una riforma di sistema che – unitamente ai buoni risultati ottenuti con gli incentivi fiscali – dia certezza di futuro a chi lavora nel cinema italiano.
LABEL EUROPA CINEMAS
per sostenere il cinema europeo di qualità
Assegnato da una giuria composta da quattro esercenti, il Label di Europa Cinemas rappresenta anche quest’anno (com’è stato fin dalla fondazione) l’unico riconoscimento delle Giornate, nate come sezione non competitiva, volta a promuovere il cinema indipendente e i nuovi talenti. Obiettivo che si accorda perfettamente con quelli di Europa Cinemas, network creato con il sostegno del programma Media dell’Unione Europea proprio con l’intento di garantire visibilità e permanenza nelle sale ai film europei meritevoli di sostegno.
Un network di sale che ha ormai raggiunto quasi duemila schermi, distribuiti in 43 paesi dell’Europa e del bacino del Mediterraneo, ed è in grado quindi di assicurare ai film premiati una distribuzione estesa e capillare.
Nel corso degli anni la sensibilità di una giuria composta da esercenti di sale non legate ai grandi circuiti commerciali si è dimostrata vincente, perché sempre attenta a rintracciare nei film non solo qualità artistiche e tecniche, ma anche la loro capacità di convincere sia il pubblico che la critica. Quando, alla prima edizione edizione delle Giornate degli Autori nel 2004, il Label venne assegnato a Darwin’s Nightmare di Hubert Sauper, nessuno si sarebbe aspettato una candidatura del film agli Oscar, così come negli anni successivi sarebbe stato difficile prevedere i risultati straordinari di film come Azuloscurocasinegro dello spagnolo Arévalo o Tricks del polacco Jakimowski. Invece, ad ogni edizione, l’assegnazione del Label ha preceduto il grande successo di questi “piccoli” film indipendenti, distribuiti in moltissimi paesi e premiati ovunque.
La forza di Europa Cinemas nasce sicuramente dall’idea che è alla base del suo operato: fare in modo che, in un mercato complesso e altamente competitivo qual è quello cinematografico, anche una cinematografia meno potente abbia degli spazi per essere promossa, resa nota, vista in sala.
E non è un caso, quindi, che la partnership di Europa Cinemas sia stata accordata solo a rassegne attente a sostenere un cinema mai “ovvio” e che il Label venga assegnato, oltre che nell’ambito delle Giornate veneziane, alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes, al Panorama di Berlino e al festival di Karlovy Vary.
Con gli straordinari risultati complessivi riconosciuti: dal 2003 Europa Cinemas ha premiato oltre 20 film di 13 nazionalità diverse, per i quali sono stati venduti oltre 2 milioni e mezzo di biglietti nelle sole sale aderenti al network. Una prospettiva davvero interessante per i film europei che anche quest’anno si contenderanno il Label.
100+1 CAPITOLO 2
La giungla e la palude
di Fabio Ferzetti
Prima li abbiamo invocati, poi ne abbiamo discusso, quindi li abbiamo scelti. E adesso li portiamo, accompagnandoli come meritano, nelle scuole. Piano piano, cominciando dalle superiori della Provincia di Roma, che ha generosamente accolto e rilanciato la nostra iniziativa nel programma “Cinema e Storia”, il progetto speciale delle Giornate lanciato alla Mostra del 2006 diventa operativo. E l’augurio del titolo, “100 + 1. Cento film e un paese, l’Italia”, inizia a trasformarsi in realtà. Il primo appuntamento è proprio a Venezia, dove in collaborazione con la Cineteca di Bologna, che ne ha curato il restauro, presenteremo in copia nuova fiammante I Magliari di Francesco Rosi, 1959, uno dei film inseriti nella famosa (o famigerata?) lista dei primi 100 titoli da proporre nelle scuole per riaprire il dialogo col nostro grande cinema di ieri e l’altro ieri. Accompagnato da una agile ma puntuale monografia progettata appositamente per i giovanissimi.
Altri titoli e altre iniziative naturalmente seguiranno. Ne riparleremo a ottobre, quando la seconda fase del progetto verrà presentata a Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma. Però partire proprio dai Magliari ci sembra un buon inizio. Perché è il suo cinquantenario. Perché Rosi è uno dei nostri registi maggiori. Perché I Magliari, opera seconda, è uno dei suoi film meno celebrati e monumentali. Ma proprio le sue imperfezioni, la sua natura un poco anomala e per così dire ibrida, fra inchiesta e commedia, ne fanno un prisma prezioso per rileggere il cinema di quegli anni e i rapporti che intratteneva con la società italiana, con il suo immaginario, con l’insieme della sua cultura. Naturalmente siamo solo all’inizio di un vero e proprio Risiko fitto di insidie. Le prime delle quali sono la Giungla (degli aventi diritto) e la Palude (della scuola italiana). Se sarà arduo disboscare l’intrico di norme, consuetudini e esosità varie che da decenni strangola la diffusione dei nostri classici (dobbiamo citare l’ennesima volta le fatiche superate da Scorsese per il suo Viaggio nel cinema italiano?), anche affrontare le sabbie mobili del nostro disastrato sistema scolastico non sarà una passeggiata.
Nulla infatti, oggi men che mai, predispone le nostre scuole ad accogliere un’iniziativa come questa. Non ci sono le ore, né i ruoli, né i mezzi per assicurare al cinema l’attenzione (storica, critica, sociale) che merita. Ma proprio queste drammatiche carenze strutturali ci convincono di aver visto giusto.
Il nostro cinema di quei decenni è stato e rimane una maglia indispensabile ad assicurare quel naturale scambio fra generazioni che è uno dei requisiti di una cultura viva. Ma è proprio quello scambio a essere in crisi oggi, in Italia più che altrove. Ed è per reagire a questa crisi che bisogna proporre con forza quel cinema e quella vitalità ai più giovani, riannodando almeno in parte i fili del dialogo.
Come scrive con disincanto in L’ipotesi cinema Alain Bergala, responsabile di un altro progetto di educazione al cinema nelle scuole avviato ormai da un decennio in Francia, “si ha spesso la sensazione, quando si tratta di pedagogia, che ogni generazione, ogni cantiere, ogni iniziativa, siano condannati a ripartire da zero”. In più tutto oggi concorre a isolare e dividere gli spettatori. La cultura dello zapping e l’individualismo esasperato delle nuove forme di consumo non spezzetta solo le opere ma sbiadisce la trama di rapporti che le unisce, occulta o falsifica il lavoro degli autori, maschera i rapporti economici e di potere di cui quelle opere portano il segno immettendole in un circuito di consumo indifferenziato.
In questo senso portare il cinema nelle scuole significa anche ripercorrere pagine fondamentali e ancora vive della storia sociale del nostro spettacolo e del nostro immaginario. Rivendicarne l’originalità. Interrogarle, magari scoprendovi cose che non sapevano di contenere. Reagire alla tendenza imperante che porta a cancellare lo sguardo sul mondo incarnato dal nostro cinema con quello, assai meno problematico, della televisione, surrettiziamente eretta a depositaria unica della verità. Sia la verità del falso (fiction, sceneggiati, quiz etc. come testimoni di un’epoca e del suo gusto), sia quella della Storia, documentata “in diretta” dai programmi d’attualità. Il tutto, naturalmente, senza dimenticare (rubiamo sempre la citazione a Bergala), quanto scriveva Pasolini in Petrolio: ”Il mistero della vita dei padri è nella loro esistenza. Ci sono cose – anche le più astratte e spirituali – che si vivono solo attraverso il corpo. Vissute attraverso un altro corpo non sono più le stesse”. Dunque ”Ciò che è stato vissuto dal corpo dei padri non può più essere vissuto dal nostro. Noi cerchiamo di ricostruirlo, di immaginarlo e di interpretarlo: cioè ne scriviamo la storia. Ma […] ciò che c’è di più importante in essa ci sfugge irreparabilmente”.
Di questo scarto fra l’impossibilità del rapporto fra generazioni e la sua bruciante necessità, vive e si nutre il nostro progetto.
Progetto Cinema e Storia
100+1. Cento film e un paese, l’Italia
realizzato da
Associazione Culturale Giornate degli Autori
Provincia di Roma, Progetti speciali – Progetto ABC
con la collaborazione dell’Assessorato alle Politiche della Scuola
e del Delegato alla Storia e alla Memoria
con il sostegno di
Direzione Generale per il Cinema – Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Cinecittà Luce
ideatore e curatore del progetto
Fabio Ferzetti
coordinamento tecnico
Giuliana Gamba
si ringraziano inoltre
Cineteca Comunale di Bologna
Museo Nazionale del Cinema di Torino
Cineteca Nazionale – CSC
SNGCI (Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani)
SNCCI (Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani)
La Biennale di Venezia
I MAGLIARI RESTAURO
regia Francesco Rosi
Italia – Francia, 1959 – 107’, 35mm, b/n
Sceneggiatura Francesco Rosi, Suso Cecchi D’Amico, Giuseppe Patroni Griffi
Fotografia Gianni Di Venanzo, Aiace Parolin
Montaggio Mario Serandrei
Musica Piero Piccioni
Scenografia Dieter Bartels
Costumi Graziella Urbinati
Interpreti Alberto Sordi, Belinda Lee, Renato Salvatori, Nino Vingelli, Aldo Giuffré, Lina Vandal, Carmine Ippolito
Produttore Franco Cristaldi
Produzione Vides, Titanus, S.G.C.
Restaurato dalla Cineteca di Bologna e dal Museo Nazionale del Cinema di Torino
presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata (Bologna)
Mario Balducci, giovane operaio italiano, sta per lasciare Hannover, dove ha tentato invano di far fortuna, per tornare in Italia, ma conosce per caso Totò, astuto trafficante romano che si è arricchito vendendo stoffe e tappeti, e si fa convincere a restare. Mario si mette a lavorare con Totò, poi entra al servizio di Raffaele, un intraprendente napoletano che ha organizzato su vasta scala, per mezzo di un gruppo di magliari, la vendita di stoffe in tutta la Germania Ovest. Però Totò, che si vuol creare una posizione indipendente, convince i magliari e anche Mario a lasciare don Raffaele e a lavorare sotto i suoi ordini per conto di un certo Mayer, un ricco tedesco. I magliari si trasferiscono da Hannover ad Amburgo, ma qui cominciano ben presto i guai: i napoletani hanno spodestato un gruppo di profughi polacchi che si vendicano degli intrusi sabotando la loro attività e rendendola difficile e pericolosa. Inoltre Mayer ha una moglie giovane e avvenente che dimostra molta simpatia per Mario: tra i due si stabilisce ben presto una relazione, favorita da Totò nella speranza che questo contribuisca a legare Mario e gli altri all’organizzazione commerciale di Mayer. Ma gli eventi precipitano: tra i magliari e i polacchi si accende una violenta zuffa che provoca l’intervento della polizia. I magliari si rifiutano di continuare a lavorare agli ordini di Totò che, non sapendo come superare la difficile situazione, tenta di ricattare la moglie di Mayer: questa però trova modo di bloccare l’attacco. Mayer si mette d’accordo con don Raffaele, che riprende in mano l’organizzazione dopo aver cacciato via Totò. Mario cerca di convincere la moglie di Mayer a fuggire con lui in Italia, ma la donna, che ha conosciuto la miseria, non vuol rinunciare all’agiatezza raggiunta. I due si separano per sempre.
LA VILLA DEGLI AUTORI
Le Giornate hanno creato fin dalla prima edizione un vero e proprio spazio alternativo ai luoghi ufficiali della Mostra dove ogni giorno autori, produttori, distributori, giornalisti, cinefili, si incontrano in un clima informale e disteso che favorisce il libero scambio di idee, risorse, proposte, trattative. Tanto che questa Villa sul mare con giardino – a cento metri dall’Hotel Excelsior – luogo ideale per dibattiti, cocktail, incontri e cene esclusive, è diventata nel giro di poche edizioni il punto di ritrovo più ricercato del popolo della Mostra.
Animatori della vita quotidiana di questo spazio, a fianco degli autori, dei protagonisti del giorno, degli invitati e dei semplici appassionati, sono sempre stati (e lo saranno anche in questa edizione) i giovani stagisti del DAMS di Bologna che ogni anno, sulla base di una specifica convenzione, svolgono il loro tirocinio pratico alle Giornate.
Di questa splendida pattuglia di volontari, Francesca Palombelli è sempre stata il punto di riferimento fino a diventare, per chiunque arrivasse in Villa, la naturale “padrona di casa”. Il suo sorriso ci accompagnerà anche domani.
Con lei in questi anni abbiamo festeggiato tra gli altri:
Luigi Abete, Giorgio Assumma, Banda Osiris,Paolo Baratta, Alberto Barbera, Gabriele Basilico, Alessandro Bergonzoni, Irene Bignardi, Gaetano Blandini, Barbora Bobulova, Anna Bonaiuto, Mercedes Bresso, Mimmo Calopresti, Luciana Castellina, Veronique Cayla, Helena Christensen, Marina Cicogna, Roberto Cicutto, Pappi Corsicato, Giobbe Covatta, Emanuele Crialese, Willem Dafoe, Caterina d’Amico, Vittorio De Seta, Steve Della Casa, Julie Depardieu, Teresa De Sio, Piera Detassis, Stefano Disegni, Roberto Faenza, Pierfrancesco Favino, Isabella Ferrari, Davide Ferrario, Carlo Freccero, Alessandro Gassman, Elio Germano, Enrico Ghezzi, Massimo Ghini, Remo Girone, Amos Gitai, Ugo Gregoretti, Sabina Guzzanti, Neil LaBute, Giancarlo Leone, Giampaolo Letta, Carlo Lizzani, Ken Loach, Daniele Luchetti, Amos Luzzatto, Moshen Makhmalbaf, Piero Marrazzo, Valerio Mastandrea, Bill Mechanic, Mario Monicelli, Giuliano Montaldo, Massimo e Milly Moratti, Marco Müller, Caterina Murino, Maurizio Nichetti, Andrea Occhipinti, Ermanno Olmi, Mimmo Paladino, Cristina Parodi, Sandro Petraglia, Giuseppe Piccioni, Michele Placido, Domenico Procacci, Andrea Purgatori, Stefano Rulli, Carlos Saura, Michele Santoro, Roberto Saviano, Riccardo Scamarcio, Peppe Servillo, Valeria Solarino, Silvio Soldini, Emilio Solfrizzi, Paolo Sorrentino, Luciano Sovena, Domenico Starnone, Gino Strada, Vittorio Storaro, Lili Taylor, Marco Travaglio, Nichi Vendola, Veruschka, Wim Wenders, Gianni Zanasi, Krzysztof Zanussi.
I PREMI
Il Leone del Futuro
Per ben tre volte in cinque anni un film delle Giornate degli Autori ha vinto il massimo premio per gli autori esordienti in tutte le sezioni della Mostra di Venezia: il “Premio Luigi De Laurentiis – Leone del Futuro”. Il premio consiste in 100.000$ e 20.000 metri di pellicola offerti dalla Kodak.
2007: La Zona di Rodrigo Plá
2006: Khadak di Peter Brosens e Jessica Hope Woodworth
2005: 13 Tzameti di Géla Babluani
Label Europa Cinemas
L’unico premio ufficiale delle Giornate degli Autori (sezione “non competitiva” della Mostra) è stato fino ad oggi il Label Europa Cinemas, dedicato ai film di produzione e co-produzione europea. Il Label, creato da un network di esercenti europei di qualità (oltre 1700 schermi in più di 400 città europee), con il sostegno del Programma MEDIA dell’UE, consiste in un contributo economico alla distribuzione e alla promozione, nonché alla permanenza del film vincitore nelle sale aderenti al network. Al vincitore del Label viene anche assegnato un premio corrispondente ai costi di stampa di 5 copie in pellicola, messe a disposizione da Technicolor nel caso in cui il film abbia una distribuzione in Italia.
2008: Machan di Uberto Pasolini
2007: Sztuczki (Tricks) di Andrzej Jakimowski
2006: Azuloscurocasinegro di Daniel Sánchez Arévalo
2005: Le Petit Lieutenant di Xavier Beauvois
2004: Darwin’s Nightmare di Hubert Sauper
Not only Awards
Oltre al successo di pubblico e di critica fatto registrare nei festival di tutto il mondo, i film delle Giornate degli Autori cominciano ad essere conosciuti anche dal pubblico delle sale cinematografiche di diversi paesi, merito di una crescente attenzione dimostrata dai distributori, ormai convinti del potenziale dei film per una loro diffusione al cinema o in DVD (in Italia, nell’ultimo anno, ben 6 titoli della scorsa selezione sono già usciti sul mercato home video).
Dai dati emerge che, per quanto riguarda le uscite in sala, i film delle Giornate degli Autori delle ultime due edizioni sono stati visti dagli spettatori di oltre 30 Paesi. Tra questi, a parte l’Italia in cui sono usciti ben 10 film “scoperti” dalle Giornate nelle edizioni 2007 e 2008, si segnalano la Francia e il Belgio in cui sono stati distribuiti 9 film, l’Olanda, in cui ne sono usciti 8 e la Germania che ne ha distribuiti 7. È inoltre interessante notare che tra i 30 Paesi compaiono anche nazioni non legate all’Europa per ragioni di gusto o in base a criteri commerciali, come ad esempio il Brasile, la Colombia, il Kuwait, l’Australia, il Canada o Israele. Negli Stati Uniti sono usciti in sala ben 3 film delle Giornate degli Autori delle ultime due edizioni, ma numerose sono state anche le uscite in DVD (l’ultima delle quali, il 28 aprile scorso, è stata quella di Cargo 200, film di Aleksej Balabanov presentato alla quarta delle Giornate).
11 Settembre 2009