Brecht, La critica culinaria
Il gusto esige variazioni
L’errore di credere che la critica appartenga alla categoria degli acquirenti viene anche reso più facile dall’atteggiamento culinario della critica stessa. Non si devono confondere i rivenditori con i produttori. Ma il compito principale della nostra critica, quello di pompare pubblico dentro la macchina ricreativa e formativa del teatro, ne ha determinato lo stile. Stile culinario: non sapremmo come definirlo meglio. Lo stile della nostra critica è culinario. Essa assume decisamente il punto di vista del consumatore – il che non significa che goda il teatro e ne usi nell’interesse del pubblico, vale a dire ponendosi, rispetto al teatro, a fianco del pubblico, come consumatore. Significa invece che, spalla a spalla col pubblico e col teatro, essa consuma il cosiddetto patrimonio culturale preesistente della sua classe. Qui dunque, da molto tempo non si produce più nulla – qui si consuma soltanto, si gode e si difende quello che c’è. Conformemente a questa consuetudine, in materia artistica decide, in ultima istanza, il gusto – un gusto tinto di individualismo – e il gusto esige varianti. Questo tipo di critica lo si può dunque anche chiamare critica delle varianti. (Bertolt Brecht, La critica culinaria, 1924-31, in Scritti teatrali I, Einaudi, 1975).
Non pare scorretto pensare al cinema, pur tenendo conto del tempo che è passato. Il problema della responsabilità della critica nell’articolazione dell’immaginario collettivo, cambiando il mezzo, non è poi di molto cambiato. Certo, il quadro complesso delle comunicazioni di massa porta oltre, rispetto a una definizione di “pubblico” riferita al teatro vissuto da Brecht. Ma l’esercizio di traduzione del testo in funzione del giudizio critico a vantaggio dello spettatore cinematografico sembra poter avere conseguenze serie nella confezione del gusto e nella conservazione delle ricette, anche oggi. Ciò facilmente si può verificare nello pseudo-confronto tra spettatori e critici, proposto in certe tavole imbandite televisive, attorno alle quali si rincorrono spensieratamente commensali e camerieri. In questo senso, la televisione è luogo centrale perché mette in scena oscenamente la fabbrica del giudizio; e autorizza l’uso di sintesi analfabetiche come “lento”, “noioso”, “semplice”, “difficile” e via dicendo.
Franco Pecori
10 Ottobre 2012